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28 febbraio 2012 2 28 /02 /febbraio /2012 07:00

Heidegger: il linguaggio è il pastore di cosa?

 

 

heidegger_passeggio.jpg

 

Rudolfhess"Il linguaggio è il pastore dell'Essere". Ecco cosa ha detto il più grande pensatore del XX secolo. È una cosa carina. Il linguaggio non quella cosa aggressiva e dominatrice che si accanisce sugli essenti per dominarli, farne la contabilità, metterli in riserva nello Gestell della civiltà metafisico-tecnica.

 

Ma ecco, nella Lettera sull'umanesimo, dove è detto, il pastore pensatore avere dei cani. Nessuna questione, beninteso, di dire come essi si chiamano. Bisogna conservare al pastore la sua fisionomia poetico-bonaria. Basta tuttavia fare la lista degli accusati del processo di Norimberga per sapere come si chiamavano i pupazzi del grande pastore: Göring, Hess, Keitel, Rosenberg, Speer l’architetto…

 

heidegger_umanismo.jpg


hitlerDove si vede in quale senso l'espressione "il linguaggio è il pastore dell'essere" rivela essa stessa di questa pastorale dell'essere.

 

Hitler ed i suoi hanno sperimentato non senza successo come il linguaggio poteva in effetti costituirsi in "guardiano dell'essere". L'essere della razza, l'essere-razza, raccolto dalla Führung e protetto dalla metafisica dei diritti dell'uomo. Anti-linguaggio, da un certo punto di vista, l'hitlerismo è tuttavia un linguaggio. Quello di una mobilitazione generale in vista di affermare la sovranità assoluta di un'entità costituita come Volk, come popolo. E "sovranità assoluta" vuol dire schiavismo e sterminio.

 

Ma non è che una faccia della medaglia. Il linguaggio hitleriano è la macchina da guerra, è il dispositivo creato in funzione delle circostanze.

 

Occorre un linguaggio diverso, evidentemente senza misura comune, ed è quello dello stesso Heidegger. Heidegger sta all'università come Hitler sta allo stadio di Norimberga. Nel dispositivo generale dell'hitlerismo naturalmente.

 

Molti lettori di Heidegger obiettano, sinceramente indignati dall'accostamento, ponendo in risalto la lingua pensante, poetico-pensante di Heidegger.

 

Ma, precisamente, bisogna che annettano, innanzitutto a titolo di ipotesi che una legittimazione filosofico-universitaria del nazismo non può fondarsi "tecnicamente" che alla condizione di una tale distanza tra la poltiglia di violenza del linguaggio hitleriano e il suo "cambio" spirituale.

 

heidegger martin-19790419 2


Affinché l'introduzione del nazismo nella filosofia abbia luogo bisogna che essa sparisca in quanto tale da un certo campo di lettura evidente.

 

La logica disposizionale dell'operazione è la seguente: vi è introduzione del nazismo nella filosofia da parte di Heidegger perché non vi è introduzione del nazismo in filosofia.

 

L'operazione è formalmente brillantemente riuscita. Un giorno, forse vicino, si accetterà questa ipotesi non per combattere ciò che essa denuncia ma per gioirne.

 

Vi sono delle ragioni per aver paura di Heidegger.


 

 

LINK al saggio originale:

Heidegger: le langage est le berger de quoi?

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