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27 maggio 2018 7 27 /05 /maggio /2018 14:08

28 LA MACCHINA DEL CIELO

Ma il lettore moderno, che non si aspetta uno stile da ninna-nanna da un testo di meccanica celeste, insiste, insiste sulla sua capacità di comprensione immediata delle «immagini» mitiche, perché egli rispetta come « scientifiche» soltanto le formule di approssimazione lunghe una pagina e cose simili.
Non gli vien fatto di pensare che in passato una conoscenza altrettanto importante potesse venir espressa nella lingua di tutti i giorni. È una possibilità che nemmeno sospetta, anche se le realizzazioni delle civiltà antiche - basti pensare alle piramidi o alla metallurgia - dovrebbero esser motivo probante per concludere che dietro le quinte lavorava gente seria e intelligente, che non poteva servirsi di una terminologia tecnica... [1].

Il passo citato è del compianto Giorgio de Santillana, professore di Storia della Scienza presso il Massachusetts Institute of Technology. Nei capitoli seguenti ci accosteremo alle sue rivoluzionarie ricerche sulla mitologia antica. A ogni modo, in poche parole, la sua teoria è questa: un'infinità di secoli fa, persone serie e intelligenti misero a punto un sistema per velare la terminologia tecnica di un'avanzata scienza astronomica dietro la lingua comune del mito.
Ha ragione de Santillana? E se sì, chi erano quelle persone serie e intelligenti - quegli astronomi, quegli antichi scienziati — che lavorarono dietro le quinte della preistoria?
Iniziamo con qualche rudimento.

La sfrenata danza celeste

La terra compie un giro completo intorno al proprio asse ogni ventiquattro ore e ha una circonferenza all'equatore di 40.076 chilometri. Quindi, di conseguenza, un uomo che stia in piedi immobile sull'equatore in realtà si muove, girando insieme al pianeta a poco più di milleseicento chilometri all'ora [2]. Visto dallo spazio, guardando verso il Polo Nord, il verso della rotazione è antiorario.
Durante la sua rotazione giornaliera intorno al proprio asse, la terra gira anche intorno al sole (sempre in verso antiorario) descrivendo una traiettoria che non è perfettamente circolare, bensì leggermente ellittica. Segue questa orbita a una velocità davvero folle, visto che in un'ora percorre ben 106.500 chilometri, quanti un automobilista medio ne fa in sei anni. Per riportare questi calcoli in scala, ciò significa che precipitiamo attraverso lo spazio a una velocità molto maggiore di qualsiasi pallottola, ben trenta chilometri al secondo. Nel tempo che avete impiegato a leggere questo paragrafo, siamo avanzati di circa ottocentottanta chilometri lungo l'orbita della terra intorno al sole [3].
Poiché ci vuole un anno per compiere un giro completo, l'unica prova che abbiamo di questa portentosa corsa orbitale a cui partecipiamo è il lento passare delle stagioni. E proprio nell'avvicendamento delle stagioni è possibile vedere all'opera un meccanismo mirabile e imparziale, che distribuisce equamente la primavera, l'estate, l'autunno e l'inverno su tutto il globo, sull'emisfero boreale e su quello australe, anno dopo anno, con regolarità assoluta.
L'asse di rotazione della terra è inclinato rispetto al piano della sua orbita (di circa 23,5° rispetto alla verticale). Questa inclinazione, che determina le stagioni, « punta » il Polo Nord e l'intero emisfero boreale lontano dal sole per sei mesi all'anno (mentre nell'emisfero australe è estate), e punta il Polo Sud e l'emisfero australe lontano dal sole per i rimanenti sei mesi (mentre nell'emisfero boreale è estate). Le stagioni sono il risultato della variazione annuale dell'angolazione con cui i raggi del sole colpiscono un qualsiasi punto dato della superficie terrestre e della variazione annuale del numero di ore di luce solare che quel punto riceve in periodi diversi dell'anno.

L'inclinazione della terra si chiama in linguaggio tecnico «obliquità», e il piano della sua orbita, prolungato a formare un grande cerchio nella sfera celeste, è noto con il nome di «eclittica». Gli astronomi parlano anche dell'«equatore celeste», che è un'estensione dell'equatore della terra nella sfera celeste. L'equatore celeste è attualmente inclinato di circa 23,5° rispetto all'eclittica, poiché l'asse della terra è inclinato di 23,5° rispetto alla verticale. Questo angolo, chiamato «obliquità dell'eclittica», non rimane sempre fisso e immutabile. Al contrario, (come abbiamo visto nell'undicesimo capitolo, a proposito della datazione della città andina di Tiahuanaco) è soggetto a costanti, seppur lentissime, oscillazioni. Queste sono comprese entro un raggio leggermente inferiore a 3° e raggiungono rispettivamente la vicinanza massima alla verticale a 22,1° e la distanza massima a 24,5°. Un ciclo completo, da 24,5° a 22,1°, e di nuovo indietro fino a 24,5° si compie in circa 41.000 anni [4].

Quindi, il nostro fragile pianeta s'inclina e ruota mentre si libra lungo la sua traiettoria orbitale. L'orbita si compie in un anno e la rotazione in un giorno, mentre l'inclinazione ha un ciclo di 41.000 anni. Una sfrenata danza celeste sembra impazzare mentre balziamo, ci lanciamo e piombiamo attraverso l'eternità, e ci sentiamo in balìa di spinte contraddittorie che da una parte ci precipitano contro il sole, e dall'altra ci mettono in corsa verso le tenebre dello spazio esterno.

Influenze recondite

Oggi si sa che il dominio gravitazionale del sole, nei cui cerchi interni la terra è tenuta prigioniera, si estende per più di ventiquattro quintilioni di chilometri nello spazio, quasi a metà strada dalla stella più vicina [5]. Perciò la forza di attrazione che esercita sulla terra è immensa. Ma siamo anche sottoposti all'influenza della forza di gravita degli altri pianeti con cui dividiamo il sistema solare. Ciascuno di questi esercita una forza di attrazione che tende a far uscire la terra dalla sua regolare orbita intorno al sole.

 

 

 

Tuttavia, i pianeti hanno dimensioni diverse e ruotano intorno al sole a velocità diverse. Così l'influsso gravitazionale combinato che riescono a esercitare varia nel tempo secondo modalità complesse ma prevedibili, e per reazione a esso l'orbita cambia costantemente forma. Poiché l'orbita è un'ellissi, questi cambiamenti influiscono sul suo grado di elongazione, conosciuta tecnicamente con il nome di «eccentricità». Questa varia tra un valore basso prossimo allo zero (quando l'orbita si avvicina alla forma di un cerchio.perfetto) e un valore alto intorno al 6% quando è al massimo dell'elongazione e della forma ellittica [6].

Ma ci sono anche altre forme di influsso esercitate dai pianeti. Così, sebbene il fenomeno non abbia ancora trovato una spiegazione, si sa che le frequenze radio a onde corte risultano disturbate quando Giove, Saturno e Marte si trovano allineati [7]. E a questo riguardo sono emerse anche prove: "...di una strana e inaspettata correlazione tra le posizioni di Giove, Saturno e Marte nelle loro orbite intorno al sole, e la presenza di forti disturbi elettrici nell'atmosfera superiore della terra. Questo fatto sembrerebbe indicare che i pianeti e il sole fanno parte di un meccanismo di equilibrio cosmico-elettrico che si estende per trillioni di chilometri dal centro del nostro sistema solare. Un siffatto equilibrio elettrico non è spiegato dalle teorie astrofisiche esistenti [8].

Il New York Times, da cui è tratto il succitato brano, non tenta di chiarire ulteriormente la questione. Probabilmente i suoi autori ignorano quanto riecheggino Berosso, lo storico, astronomo e veggente caldeo del terzo secolo a.C., il quale fece un approfondito studio dei segni che a suo avviso predicevano la distruzione finale del mondo. Così concludeva: «Io Berosso, interprete di Bello, affermo che tutto ciò che la terra ha ereditato verrà consegnato alle fiamme quando i cinque pianeti si riuniranno in Cancro, disponendosi in un'unica fila sicché una retta potrebbe trapassare le loro sfere» [9].

Una congiunzione di cinque pianeti che con ogni probabilità potrebbe avere marcati effetti gravitazionali avrà luogo il 5 maggio dell'anno 2000, quando Nettuno, Urano, Venere, Mercurio e
Marte si allineeranno con la terra dalla parte opposta del sole, causando una sorta di tiro alla fune cosmico [10]. È anche il caso di rilevare che gli astrologi moderni che hanno elaborato la data indicata dai maya per la fine del Quinto Sole, calcolano che a quel tempo si verificherà una disposizione dei pianeti assai singolare, addirittura una disposizione talmente singolare che «si può verificare solo una volta ogni 45.200 anni... Da questo assetto straordinario ci possiamo ben aspettare un effetto straordinario» [11].

Nessuna persona assennata accetterebbe a occhi chiusi un'affermazione come questa. Tuttavia, non si può negare che apparentemente all'interno del nostro sistema solare agiscono vari influssi, molti dei quali non comprendiamo appieno. Tra questi influssi, è particolarmente forte quello del nostro stesso satellite, la luna. I terremoti, per esempio, si verificano con maggiore frequenza quando la luna è piena oppure quando la terra si trova tra il sole e la luna; quando la luna è nuova o si trova tra il sole e la terra; quando la luna attraversa il meridiano della località colpita; e quando la luna tocca il punto di massima vicinanza con la terra della sua orbita.12 Invero, quando la luna raggiunge quest'ultimo punto (tecnicamente denominato «perigeo»), la sua forza di attrazione gravitazionale aumenta di circa il sei per cento. Questo accade ogni ventisette giorni e un terzo. L'attrazione di marea che esercita in queste situazioni non solo influisce sui grandi movimenti dei nostri oceani ma anche sui bacini di magma bollente chiusi all'interno della sottile crosta terrestre (che è stata paragonata a «un sacchetto di carta pieno di miele o di melassa che si muova girando su se stesso a una velocità di oltre milleseicento chilometri orari nella rotazione equatoriale, e più di centomila chilometri orari nell'orbita» [13]).

L'oscillazione di un pianeta deforme

Tutto questo moto circolare, ovviamente, genera delle immense forze centrifughe e queste, come dimostrò Newton nel diciassettesimo secolo, fanno sì che il «sacchetto di carta» della terra si gonfi all'altezza dell'equatore, con il risultato di provocare un appiattimento in corrispondenza dei poli. Di conseguenza, il nostro pianeta si discosta leggermente dalla forma di una sfera perfetta ed è definito con maggiore precisione come un «elissoide schiacciato». Il suo raggio equatoriale (6378,4 chilometri) è più lungo del suo raggio polare di ventuno chilometri e mezzo (6356,9 chilometri) [14].

Per trilioni di anni i poli appiattiti e l'equatore rigonfio si sono cimentati in un'interazione matematica velata con l'influsso recondito della forza di gravita. «Poiché la terra è appiattita», spiega un'autorità, «la forza di gravita della luna tende a inclinare l'asse terrestre in modo che diventi perpendicolare all'orbita lunare, e in misura minore lo stesso vale per il sole» [15].

Contemporaneamente il rigonfiamento equatoriale - la massa in eccesso distribuita intorno all'equatore - agisce come il bordo di un giroscopio per tenere la terra ferma sul suo asse [16]. Anno dopo anno, su scala planetaria, questo effetto giroscopico impedisce alla forza di attrazione del sole e della luna di alterare radicalmente l'asse di rotazione della terra. La forza di attrazione che questi due corpi esercitano unitamente è, comunque, abbastanza forte da costringere l'asse a «precessare», cioè a oscillare lentamente in senso orario, contrario a quello della rivoluzione della terra.

Questo importante moto è il marchio di riconoscimento del nostro pianeta all'interno del sistema solare. Chiunque abbia fatto girare una volta una trottola dovrebbe essere in grado di capirlo senza tante difficoltà; in fondo, una trottola non è altro che un tipo di giroscopio. Quando gira a velocità piena e continua sta in piedi. Ma appena il suo asse viene deviato dalla verticale, comincia a manifestare un secondo comportamento: una lenta e ostinata oscillazione contraria che descrive un grande cerchio. Questa oscillazione, che è la precessione, cambia la direzione verso cui punta l'asse mentre mantiene costante il suo angolo di inclinazione appena raggiunto.

Un'altra analogia, per certi versi differente per approccio, forse potrà contribuire a chiarire un po' di più le cose:

1 Immaginate la terra librata nello spazio, inclinata approssimativamente di 23,5° rispetto alla verticale mentre compie una rotazione intorno al proprio asse ogni ventiquattro ore.
2 Immaginate quest'asse come un perno fortissimo che passi per il centro della terra ed esca dal Polo Nord e dal Polo Sud prolungandosi in entrambe le direzioni.
3 Immaginate di essere un gigante, che attraversi a grandi passi il sistema solare, con l'ordine di eseguire un compito speciale.
4 Immaginate di avvicinarvi alla terra inclinata (la quale, a causa delle vostre dimensioni, ora non vi appare più grande di una ruota di mulino).
5 Immaginate di tendere le mani e di afferrare le due estremità del prolungamento dell'asse.
6 E immaginate di cominciare a farle girare in direzioni opposte, spingendo una estremità e tirando l'altra.
7 Quando siete arrivati la terra già girava.
8 I vostri ordini, perciò, non sono di agire sulla sua rotazione assiale, ma piuttosto di impartirle l'altro suo movimento: quel la lenta oscillazione in senso orario detta precessione.
9 Per eseguire questa commissione dovrete spingere la punta settentrionale del prolungamento dell'asse verso l'alto e descrivere un grande cerchio nell'emisfero celeste settentrionale mentre contemporaneamente tirate la punta meridionale descrivendo un cerchio della stessa ampiezza nell'emisfero celeste meridionale. Per farlo dovrete compiere con le mani e le spalle un lento movimento rotatorio, come se agiste su due pedali.
10 State attenti, però. La «ruota di mulino» della terra è più pesante di quanto non sembri, tanto più pesante, infatti, che vi ci vorranno 25.776 anni [17] per far compiere alle due punte del suo asse un ciclo di precessione completo (alla fine del quale saranno rivolte verso gli stessi punti della sfera celeste di quando siete arrivati).
11 Oh, e a proposito, giacché avete cominciato possiamo anche dirvi che non potrete mai più andarvene. Appena un ciclo di precessione si conclude, deve iniziarne un altro. E poi un altro... e un altro... e un altro... e così via, all'infinito, per sempre.
12 Se volete, potete considerarlo uno dei meccanismi basilari del sistema solare o, se preferite, uno dei comandamenti fonda mentali della volontà divina.

A poco a poco, in questo processo, mentre fate scorrere pian piano il prolungamento dell'asse per i cieli, le sue due estremità punteranno ora in direzione di una stella ora di un'altra alle latitudini polari dell'emisfero celeste australe (e a volte, naturalmente, in direzione del vuoto), e ora in direzione di una stella ora di un'altra nelle latitudini polari dell'emisfero celeste australe. Stiamo parlando, qui, di una sorta di gioco della bottiglia tra le stelle circumpolari. E a tenere tutto in movimento è la precessione assiale della terra, un movimento impresso da immense forze gravitazionali e giroscopiche, regolare, prevedibile e relativamente facile da calcolare con l'ausilio di attrezzature moderne. Così, per esempio, la stella del polo nord attualmente è alfa Ursae Minoris (che noi conosciamo come la Stella Polare). Ma i calcoli con il computer ci permettono di affermare con certezza che nel 3000 a.C. la posizione polare era occupata da alfa Draconis; all'epoca degli antichi greci la stella del Polo Nord era beta Ursae Minoris, e nel 14.000 d.C. sarà Vega [18].

Un grande segreto del passato

Non ci farà male ripassare alcuni dati fondamentali riguardanti i movimenti della terra e il suo orientamento nello spazio:

• La sua inclinazione è di circa 23,5° rispetto alla verticale, un angolo che può variare fino a uri grado e mezzo su entrambi i lati nell'arco di periodi di quarantunomila anni.
• Compie un ciclo di precessione completo ogni 25.776 anni [19].
• Compie una rotazione intorno al proprio asse ogni ventiquattro ore.
• Compie un'orbita intorno al sole ogni trecentosessantacinque giorni (per la precisione 365,2422).
• "L'influsso più importante sulle sue stagioni è costituito dal l'angolazione con cui i raggi del sole la colpiscono in vari punti del suo percorso orbitale.

E anche il caso di osservare che durante l'anno ci sono quattro momenti astronomici cruciali, che segnano l'inizio ufficiale di ciascuna delle quattro stagioni. Questi momenti (o punti cardinali), che avevano un'importanza enorme per gli antichi, sono i solstizi d'inverno e d'estate, e gli equinozi di primavera e d'autunno. Nell'emisfero boreale il solstizio d'inverno, il giorno più breve, cade il 21 dicembre, e il solstizio d'estate, il giorno più lungo, il 21 giugno. Nell'emisfero australe, invece, tutto è letteralmente rovesciato: l'inverno inizia il 21 giugno e l'estate il 21 dicembre.

Per contro, gli equinozi sono i due momenti dell'anno in cui la notte e il giorno hanno uguale durata su tutto il pianeta. Tuttavia, anche qui, come nel caso dei solstizi, la data che segna l'inizio della primavera nell'emisfero boreale (il 20 marzo) segna quello dell'autunno nell'emisfero australe, e la data dell'inizio dell'autunno nell'emisfero boreale (22 settembre) segna l'inizio della primavera in quello australe.

Come le più sottili variazioni delle stagioni, tutto questo è causato dalla benefica obliquità del pianeta! Il solstizio d'estate dell'emisfero boreale cade nel punto dell'orbita in cui il Polo Nord è orientato al massimo verso il sole; sei mesi dopo il solstizio d'inverno segna il punto in cui il Polo Nord è orientato al massimo in direzione opposta al sole. E, com'è logico, il motivo per cui il giorno e la notte hanno esattamente la stessa durata in tutto il pianeta in corrispondenza degli equinozi di primavera e d'autunno è che questi segnano i due "punti in cui l'asse di rotazione della terra si trova di lato rispetto al sole.

E ora diamo un'occhiata a uno strano e bellissimo fenomeno di meccanica celeste.

Questo fenomeno è noto con il nome di «precessione degli equinozi». Ha delle caratteristiche matematiche severe e ripetitive che possono essere analizzate e previste con precisione. Tuttavia, è estremamente difficile da osservare, e ancora più difficile da misurare esattamente senza una strumentazione sofisticata.

Forse cela una traccia che porta a uno dei grandi misteri del passato.

 

NOTE

1. G. de Santillana e H. von Dechend, II Mulino di Amleto, Adelphi, Milano 1983/1990, p. 88.
2. Dati tratti dall'Encyclopaedia Britannica, 1991, 27:530.
3. Ibid.
4. J. D. Hays, John Imbrie, N. J. Shackleton, «Variations in the Earth's Orbit, Pacemaker of the Ice Ages», Science, volume 194, N. 4270,10 dicembre 1976, p. 1125.
5. The Biblical Flood and the Ice Epoch, dt, pp. 288-289. Ventiquattro quintilioni di chilometri equivalgono a ventiquattro miliardi di miliardi di chilometri.
6. Ice Ages, cit, pp. 80-81.
7. Earth in Upheaval, cit., p. 266.
8. New York Times, 15 aprile 1951.
9. Berosso, Frammenti. 10. Skyglobe 3.6.
11. Roberta S. Sklower, «Predicting Planetary Positions», appendice a Frank Waters, Mexico Mystique, Sage Books, Chicago, 1975, pp. 28 e segg.
12. Earth in Upheaval, cit., p. 138.
13. Biblical Flood and the Ice Epoch, cit., p. 49.
14. Numeri tratti dall'Encyclopaedia Britannica, 1991, 27:530.
15. Ibid.
16. Path of the Fole, cit., p. 3
17. Jahe B. Sellers, The Death of Gods in Ancient Egypt, Penguin, London, 1992, p. 205.
18. Skyglobe 3.6.
19. Numero esatto tratto da The Deat of Gods in Ancient Egypt, cit., p. 2O5.

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