La costruzione delle piramidi secondo Erodoto
Studio lessicografico dei termini greci krossai e bomides in Erodoto (II, 125): etimologia egiziana o greca?
di Frédéric Davidovits*
Introduzione
Nel secondo libro delle sue Storie, dedicato all'Egitto, Erodoto (12, 125) comincia così il suo celebre testo sulla costruzione della piramide: "Questa piramide venne costruita con dei ripiani (ajnabaqmw'n trovpon), che alcuni chiamano krossai (krovssa) ed altri bomides (bwmivda); la fecero prima così, poi sollevarono le restanti pietre con macchine fatte di travi corte, portandole da terra nel primo ordine di ripiani" [1]. La traduzione di krossai e di bomides ha posto numerose difficoltà per i commentatori, perché queste due parole sono rare e dunque poco utilizzate: "gradini", "scalini" [2] e "modiglione" e "piccolo piedistallo" [3]. Essi sembrano designare la forma a gradini della piramide. Per lo specialista di Erodoto A. B. Lloyd, il testo descrive innanzitutto la costruzione di una piramide a gradini come quella di Saqqara, per rifinirla in seguito con un rivestimento [4]. Ci si ricorderà che Erodoto non ha visto le piramidi così come esse si presentano oggi.
Durante la sua epoca, esse erano intatte e lisce: gli "ordini di ripiani" si riferiscono alla piramide senza rivestimento. In questo articolo, ci riproponiamo di studiare e il senso di krossai e di bomides secondo il metodo della lessicologia e della lessicografia.
Bomides-bwmivde"
In greco, bomis (bwvmi") "piccolo gradino, piccolo scalino, gradino, scalino, piccolo piedistallo" è il diminutivo di bomos (bwmov). Quest'ultimo designa ogni piattaforma elevata che serva da base o da supporto, da cui "pedana, piedistallo, zoccolo" (cfr. Iliade, 8, 441) [A], poi "piedistallo" (Odissea, 7, 100) [B], [5]. Può qualificare un tumulo ed una tomba (cfr. Anth. App. 262). È per questo che si potrebbe tradurre bomides con "piccoli piedistalli" o "piccole piattaforme".
Erodoto è il primo autore greco ad utilizzare bomis nella letteratura greca. In seguito, bomis è usato in contesti architettonici. Così, in alcune iscrizioni nell'isola di Delos, [6]. Esichio di Alessandria lessicografo del I secolo della nostra era (Less. "b" 1382) definisce bomides come "gradino di una scala" (bwvmida": ajnabavsei").
Il ricorso a bomis è strano da parte di Erodoto per designare i "gradini della piramide", perché avrebbe potuto utilizzare dei termini più correnti in architettura, termini che egli può d'altronde impiegare: 1) anabathmos (ajnabaqmov") "gradino, scalino", [7], usato da Erodoto nel senso di "fondamenta"; 2) bathron (bavqron) "scalino, gradino", designa ogni superficie fungente da fondamenta: base, scalino, gradino, piolo di una scala, banco, sedia, suolo di una casa, ecc. [8].
Erodoto lo utilizza in 1,183 per una base: (Nel tempio di Babilonia c'è un'altra cella in basso, con una grande statua d'oro di Zeus e accanto una grande tavola d'oro e il piedistallo e il seggio d'oro); in 5,85 per un piedistallo di una statua; in 7,23 per un gradino o uno scalino. È bathron che Erodoto avrebbe potuto usare al posto di Bomis. Allo stesso modo, Erodoto avrebbe potuto usare altri termini, come bathmos (baqmov"), bathmis (baqmiv"), basis (basiv"), bèma (bh`ma), batèr (bathvr).
Krossai – krovssai
Se Erodoto è il primo autore ad utilizzare bomis, ritroviamo già Krossai presso Omero: Iliade, 12,258: krovssa" me;n puvrgwn e[ruon, kai; e[reipon ejpavlxei", É sthvla" te problh'ta" ejmovcleon, a}" a[ræ ΔAcaioi; É prwvta" ejn gaivh/ qevsan e[mmenai e[cmata puvrgwn: "Scrollavano (i Troiani) i merli delle torri, abbattevano i parapetti (tr. it. citata)" [9]. Nei due passaggi dell'Iliade (12,258 e 12,444: "...s'arrampicarono sui merli, brandendo l'aste acute", Tr.it. citata), krossai è tradizionalmente tradotto con "merli, pietra sporgente".
A. B. Lloyd cita Esichio di Alessandria (Lex. "k" 4199), il quale dà una definizione polisemica di questa parola [10]: Krovssa": (1) klivmaka", a[lla" ejpæ a[llai". Tine;" de; (2) ta;" kefalivda" tw'n teicw'n, (3) h] promacw'na", (4) h] stefavna" tw'n puvrgwn, (5) h] ta; krhpidwvmata: "KROSSAI: (1) una accumulazione di gradini di scale (o di scalino). Alcuni chiamano così (2) la cima dei baluardi (3) i baluardi o (4) le cime circolari delle torri o (5) le fondamenta di una costruzione". Il senso (1) fa allusione ad Erodoto mentre le altre fanno riferimento ad Omero. A. B. Lloyd evidenzia l'imbarazzo di Esichio di fronte alla varietà dei significati. Quando esamina le diverse accezioni di krossai in Esichio, sembrava difficile di cercare un luogo comune tra tutti questi sensi, cioè un etimo comune. Studiare il krossai di Erodoto, sotto l'angolo della polisemia rende confusa la sua analisi: è per questo che possiamo esaminarla sotto quello dell'omonimia, più esattamente dell'origine egiziana del parola [11].
In questa ipotesi, krossai "erodoteo" può essere l'adozione fonetica di una parola egiziana. Erodoto era accompagnato da traduttori per interrogare i sacerdoti egiziani che incontrava.
Gli interpreti (eJrmhnei`") per i "turisti greci
Per A. B. Lloyd, non vi sono dubbi che Erodoto ha incontrato autentici sacerdoti egiziani che hanno potuto essere di alto lignaggio. Sui rapporti tra Erodoto ed i suoi informatori, A. B. Lloyd conclude:
- Gli Egiziani conoscevano meglio i Greci che non viceversa. Un corpo di hermèneis (interpreti) era favorito imparando la lingua attraverso l'ascolto con una grande facilità.
- Gli Egiziani pensavano come degli Egiziani, secondo le loro tradizioni e mentalità e non come dei Greci [12].
Sono i traduttori e dunque gli informatori egiziani (sacerdoti) ad essere i soggetti della frase di Erodoto: ta;" metexevteroi krovssa", oiJ de; bwmivda" ojnomavzousi" che alcuni chiamano krossai ed altri bomides".
Come si comporta un interprete egiziano di fronte al greco Erodoto?
Ogni interlocutore di una lingua possiede un vocabolario personale, che è il risultato della sua esperienza passata e questo locutore non possiede tutte le parole del suo idioma: questo caso si applica al traduttore-interprete che apprende una lingua straniera.
Per di più, esiste un gran numero di parole il cui significato non può essere compreso ed utilizzato che da coloro che hanno acquisito il sapere necessario: i termini di medicina, di archiettura, di biologia non possono funzionare che tra l epersone che sono state iniziate a questi saperi ed a queste scienze [13]. Sono i vocaboli che un traduttore non conosce necessariamente.
Così il "drogman" di Erodoto (il locutore) possiede un vocabolario greco sufficientemente esteso per fare il suo lavoro ed è possibile che non conosca tutto il lessico greco. Quando un interprete non sa come tradurre una parola o un concetto in un'altra lingua, ricorre a tre mezzi: 1) la parafrasi, ser serve a definire nella lingua di destinazione la paeola o il concetto; 2) non traduce il termine o il concetto e lo ritrascrive foneticamente creando un neologismo nella lingua di destinazione; 3) nella lingua di destinazione, inventa una nuova parola a partire da un'altra.
Se si prende in considerazione l'ipotesi di un'origine egiziana per il krossai di Erodoto, questo termine egiziano deve appartenere al vocabolario architettonico di questa lingua, poiché il testo di Erodoto descrive la costruzione di una piramide. Questo termine egiziano dovrebbe avere anche una somiglianza più o meno fonetica con krossai.
Etimo egiziano della parola krossai usata da Erodoto
Nel vocabolario architettonico egiziano, il lessema ≈wsj "costruire" possiede questa somiglianza fonetica (Fig. 1) e può essere usato in un contesto religioso, come nella "stele della carestia" (Fig. 2).
Stele della carestia, (Isola di Sehel - Tolomomeo V Epifane)
Figura 1 : ≈wsj (lista Gardiner A 34)
Figura 2: Stele della Carestia, Sehel: "essi hanno costruito la tomba reale (la piramide)"; H. Barguet, Tratto da: La Stèle de la Famine à Sehel, Bibliothèque d'Études, Il Cairo: IFAO, 1953.
È allora facile ricostruire il modo in cui un viaggiatore, visitando un paese straniero ed accompagnato da un interprete, interroga degli autoctoni [14]. Erodoto pone una domanda al suo traduttore, il quale interroga l'informatore (il sacerdote). Una volta ottenuta la risposta, il "drogman" la trasmette ad Erodoto. Non traduce un termine egiziano, lo traspone in greco: cerca di "grecizzarlo", cioè a declinarlo in greco.
Poiché l'interprete (eJrmhneuv") parla greco con un accento egiziano, certamente, Erodoto comprende il termine egiziano Khusi "elenizzato" con le sue orecchie di greco e corregge egli stesso: capisce krossai. In effetti, Erodoto, come tutti i greci educati, conosce a memoria l'Iliade e l'Odissea e crede di riconoscere nel ≈wsj "ellenizzato" il krossai omerico.
Il vocabolario omerico è presente nell'opera di Erodoto: l'aggettivo composto, derivato da krossai, prokrossos (provkrosso") "allineati, in fila" si trova nell'Iliade (14,35) [C] ed Erodoto (7,1888) per qualificare delle navi ammarate su una spiaggia [15]. In 4,152, Erodoto utilizza quest'aggettivo per descrivere un vaso d'Argo, che "con attorno teste di grifone in rilievo". Allo stesso modo abbiamo visto che krossai si trova anche nell'Iliade (12,258; 12,444).
Conclusione: gli idioletti del traduttore e di Erodoto ed il meccanismo di creazione delle parole
In lessicologia, si tiene conto delle relazioni tra i locutori in una lingua data. Ognuno dei locutori possiede un idioletto che ha acquisito attraverso la sua esperienza, attraverso la sua educazione e la sua origine geografica. Qui, uno è un traduttore e l'altro un Greco che viaggia per studiare l'Egitto. L'idioletto di Erodoto è influenzato dalle informazioni fornitegli dal suo traduttore e dalle interpretazioni che il ricercatore greco fa delle informazioni fornite dai suoi informatori egiziani (sacerdoti).
Secondo questo modello, e contrariamente a ciò che si pensava sino ad oggi, il termine krosssai in Erodoto non apparterebbe ad un'evoluzione diacronica del senso di krossai, dall'Iliade di Omero (inizio del VIII secolo a. C.) sino ad Erodoto. Il krossai "erodoteo" sarebbe un adattamento fonetico di ≈wsjverso il greco ed un "falso amico", poiché Erodoto lo confonderebbe con un termine omofonico esistente.
Volendo insistere sul lato religioso della piramide, l'interprete scelse un termine greco bomos che contiene l'idea ad un tempo di gradino e di religione ed inventa un nuovo termine: bomis.
Bomides è il termine utilizzato dai suoi informatori: potrebbe trattarsi di un'equivalenza di krossai, poiché entrambi sono dei nomi al plurale. Sia che il traduttore cerchi le sue parole per tradurre quanto implichi ≈wsj e crei un neologismo suggerento "accumulazione di piccole piattaforme", sia che insista sul lato religioso della piramide e scelga un termine greco che contiene al contempo l'idea della piattaforma e della religione, i "piccoli altari".
NOTE
* L’autore ringrazia il Geopolymer Institute, di Saint-Quentin, Francia (www.geopolymer.org) per aver concesso il sostegno finanziario per il congresso. Ringrazia anche il CERLAM, dell'università di Caen (Francia) per l'utilizzazione dei suoi mezzi tecnici. (CERLAM, M.R.S.H., Università di Caen, 14032 Caen Cedex, France).
[1] Hérodote, Histoires, livre II – Euterpe, P. E. Legrand (ed.), Collection des universités de France (Paris: Les Belles Lettres, 1972). Herodot. 2, 125: ΔEpoihvqh de; w|de au{th hJ puramiv" ajnabaqmw'n trovpon, ta;" metexevteroi krovssa", oiJ de; bwmivda" ojnomavzousi: toiauvthn to; prw'ton ejpeivte ejpoivhsan aujthvn, h[eiron tou;" ejpiloivpou" livqou" mhcanh'/si xuvlwn bracevwn pepoihmevnh/si, cama'qen me;n ejpi; to;n prw'ton stoi'con tw'n ajnabaqmw'n ajeivronte".
(Questi passi di Erodoto, e tutti gli altri presenti in questo saggio sono tratti dal suo Storie e riportate in corsivo sono state tratte dalla traduzione edita dall'Istituto Geografico De Agostini nel 1959 nella traduzione di Giuseppe Metri).
[2] Erodoto, Le storie.
[3] H. Berguin, L’enquête d’Hérodote d’Halicarnasse [La ricerca di Erodoto di Alicarnasso], tomo 1 (Paris: Librairie Garnier, 1939).
[4] A. B. Lloyd, Herodotus, Book II, Commentary 99-182, Collection "Etudes préliminaires aux religions orientales del’empire romain", (Leiden : E. J. Brill, 1988), 67-8.
[A] "L'inclito Ennosigeo gli scioglieva i cavalli/ e pose il carro sopra il gradino, e vi stese il panno", dalla traduzione dell'Iliade di Rosa Calzecchi Onesti, Einaudi, Torino, 1963 (N. d. T.).
[B] "Fanciulli d'oro sopra solidi piedistalli/ si tenevano dritti, reggendo in mano fiaccole accese", dalla traduzione dell'Odissea di Rosa Calzecchi Onesti, Einaudi, Torino, 1963 (N. d. T.).
[5] Questi due termini provengono dal verbo baivnw "marciare, salire".
[6] M.-Ch. Hellmann, Recherches sur le vocabulaire de l’architecture grecque, d’après les inscriptions de Délos [Ricerche sul vocabolario dell'architettura greca, dalle iscrizioni di Delos], Ecole Française d’Athènes (Athènes, 1992), 63, 68, 71-9: contesto lacunoso (166) ªta;º" bwmivda" oijodªomºhvsanªti (275 av. J.-C.), riparazione di un muro "ed i gradini" in una oikia (290) kai; ta;" bwmªivdaº" (246 av. J.-C.), il sacerdote Archaios offre "una cappella, la stanza annessa e i gradini della cappella (la scalinata della cappella) ” (2226) ta;" bwmivdaª" tºou` naou` (127-128 av. J.-C.).
[7] Altri impieghi di anabathmos nelle principali iscrizioni di Delos: M.-Ch. Hellmann, op. cit., 68. Allo stesso modo, basmos (basmov") "scalino, gradino" può al singolare designare una scala, come anabathmos ou anabasis: ibidem.
[8] M.-Ch. Hellmann, op. cit., 63: "Le attestazioni deliane sono lungi dall'esaurire tutte le sfumature di bavqron, per le quali il contesto è determinate".
[9] Omero, Iliade (canti 13-18), Tr. it. citata.
[10] Alan B. Lloyd, op. cit., 67-8.
[11] Sulle relazioni lessicali come la polisemia e l'omofonia: A. Niklas-Salminen, La lexicologie (Paris: Armand Colin, 1997), 120-7.
[12] A. B. Lloyd, Herodotus, Book II, Introduction, volume 1, Collection "Etudes préliminaires aux religions orientalesde l'empire romain" (Leiden: E. J. Brill, 1975), 76-140.
[13] A. Niklas-Salminen, op. cit., 27-8.
[14] Sul modo in cui si può supporrele relazioni tra Erodoto ed i suoi informatori: cfr. A. B. Lloyd, Introduction…, 76-140.
[C] "Perciò le avevano tratte in file folte, e tutta quanta era piena/ la gran bocca del lido, che i promontori chiudevano.", Odissea, nella traduzione einaudiana di Rosa Calzecchi Onesti.
[15] A. Bowen, “ The place that beached a thousand ships ”, Classical Quaterly 48 (1998), 345-64.
Studio presentato al IX Congresso Internazionale di Egittologia, Grenoble, Francia, 6-11 settembre. Pubblicato nei atti del convegno.
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[Traduzione e cura iconografica di [Ario Libert]
LINK allo scritto originale in formato PDF:
Construction des pyramides d'après Hérodote
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