Charles François Dupuis, un genio innovatore misconosciuto della storiografia dell'età dei Lumi.
La parola Dio sembra destinata ad esprimere l'idea della forza universale ed eternamente attiva la quale a tutto imprime il moto nella Natura, seguendo le leggi di un'armonia costante ed ammirevole che si sviluppa nelle diverse forme che prende la materia organizzata, si mescola a tutto, anima tutto e sembra essere una nelle sue modificazioni infinitamente varie, e non appartenente che a se sola. Questa è la forza vera che racchiude in se l'Universo o quella regolare riunione di tutti i corpi che una catena eterna lega fra loro, e che un moto perpetuo ruota maestosamente nel seno dello spazio e del tempo senza limiti...
Questa forza essendo quella del mondo stesso, il mondo fu considerato come Dio o come causa suprema ed universale di tutti gli effetti che esso produce, e dei quali l'uomo fa parte. Ecco il gran Dio, il primo o piuttosto l'unico Dio che si è manifestato all'uomo attraverso il velo della materia che egli anima, e che compone l'immenso corpo della Divinità...
Sebbene questo Dio fosse ovunque, l'uomo lo cercò di preferenza in quelle regioni elevate ove sembra viaggiare l'astro potente e radioso che inonda l'Universo con i torrenti della sua luce, e con la quale opera sulla Terra la più bella come la più benefica azione della divinità.
Credette quindi che sulla volta azzurra, smaltata di fuochi scintillanti, l'Altissimo avesse stabilito il suo trono; che dalla sommità dei cieli reggesse le redini del mondo, dirigesse i movimenti del suo vasto corpo, e contemplasse se stesso nelle forme tanto varie quanto ammirabili sotto le quali egli continuamente si modificava.
Charles François Dupuis [1798]
Compendio dell'origine di tutti i culti, Bastogi, Foggia, 1982.
La vita di Charles François Dupuis (Trie-le-Château, 26 ottobre 1742; Is-sur-Tille, 29 settembre 1809) [1], si svolse in una limitata porzione del territorio nazionale francese, cioè Parigi, e fu in sostanza priva di eventi o imprese notevoli. Dupuis incarna, infatti, al pari di tanti altri, la tipica figura dello studioso totalmente immerso nei suoi interessi e studi dei quali fa unico motivo di vita dedicandovisi con devozione totale.
Una grande opportunità che il destino offrì a Dupuis, per conseguire notorietà a livello europeo, fu l'offerta della cattedra di letteratura a Berlino nel 1784 da parte di Condorcet, quando da questa si dimise Dieudonné Thiébault, consulente letterario ed editoriale di Federico II, ma l'improvvisa morte del re filosofo prussiano vanificò questo progetto.
Un'altra importante occasione fu offerta a Dupuis quando egli fu inserito tra i possibili nomi dei membri della spedizione napoleonica in Egitto del 1798. Il futuro imperatore portò con sé nella terra dei faraoni, 150 savants e quasi 2000 tra artisti e tecnici che raccolsero diligentemente un'enorme mole di materiale che confluì nell'imponente opera in 20 volumi Déscription de l'Egypte, base della moderna egittologia. Dupuis però, per motivi che lui stesso non rivela, non ne fece parte.
Un episodio senz'altro curioso della biografia dupuissiana è la costruzione da parte sua, nel 1778, di un telegrafo, strumento che egli ricavò da un'idea di Guillaume Amontons enunciata un secolo prima. Con questo strumento Dupuis comunicava con il suo amico Fortin, che dal villaggio di Bagneux, osservava con un cannocchiale i segnali che Dupuis gli trasmetteva da Belleville, inviandogli il giorno successivo la risposta. I due amici si scrissero in questo modo ogni anno durante la bella stagione sino agli inizi della rivoluzione de 1789, quando Dupuis decise di distruggere il telegrafo, nel timore di rendersi sospetto alle autorità. Invenzione che, invece, fu poi adottata da Claude Chappe e che si rivelò utile molto sui campi di battaglia europei durante le campagne napoleoniche.
Nato in una famiglia modesta, suo padre era maestro in un piccolo villaggio, da giovane Dupuis dovette impegnarsi a fondo per tentare di emergere. Il padre lo istruì soprattutto in geometria pratica. Il giovane Dupuis entrò per fortuna nelle simpatie del duca La Rochefoucauld, discendente del celeberrimo autore delle Massime, e grazie al suo sostegno poté affrontare con una certa tranquillità gli studi presso il collegio di Harcourt in cui eccelse nella lingua latina, riportando molti premi per l'ottimo rendimento negli studi. Un giorno suo padre, volendo fargli visita per congratularsi dei suoi buoni risultati scolastici, annegò per incidente, lasciandolo così tragicamente in maggiori difficoltà.
Data la sua eccellente conoscenza del latino, Dupuis fu incaricato di pronunciare in questa lingua il discorso per la distribuzione dei premi universitari alla presenza del Parlamento, e nel 1780 di tenere l'orazione funebre di Maria Teresa d'Austria a nome dell'Università.
Sempre grazie all'aiuto del duca La Rochefoucauld, Dupuis poté continuare i suoi studi anche all'università frequentando i corsi di filosofia; studiò anche teologia conseguendo la licenza, e a ventiquattro anni insegnava retorica al collegio di Lisieux. Nel 1770 fu deputato al parlamento di Parigi. Abbandonata la carriera ecclesiastica nel 1772, Dupuis si sposò nel 1775 e dal suo matrimonio ebbe tre figli maschi e una femmina che morirono tutti in tenera età.
Membro delle celebre Académie des inscriptions alla vigilia della tempesta rivoluzionaria del 1789, fece parte sin dalla sua costituzione dell'Institut de France, struttura attraverso cui la Repubblica sostituì le accademie reali.
Dupuis fu deputato alla Convenzione dal 1792 al 1795, facendo parte anche del Consiglio dei Cinquecento. Persona schiva e amante dello studio, fu coinvolto, suo malgrado in politica, essendo stato nominato alla Convenzione dal suo Dipartimento di appartenenza, ma l'assassinio del suo antico protettore, il duca La Rochefoucauld, lo indusse a cercare rifugio presso un amico a Evreux.
Di temperamento prudente e conciliante, Dupuis fu infatti uno dei membri più moderati dell'organo legislativo e durante il processo contro Luigi XVI votò per la sua detenzione e anche dopo il verdetto di morte, pronunciato dalla maggioranza dell'assemblea, si impegnò affinché la decisione fosse rinviata.
Durante il Terrore, come membro del Consiglio dei Cinquecento, si impegnò soprattutto sulle questioni della libertà di stampa e delle riforme scolastiche. La cosa notevole, è che riuscì a portare a termine - in questo che fu uno dei periodi più tormentati della storia europea -, l'opera che lo rese celebre e che al contempo, ironia della sorte, lo condannò all'oblio, e cioè L'Origine de tous les cultes nel 1795.
L'amicizia che Dupuis strinse con il celebre astronomo Jérôme de Lalande segnò una svolta nella sua vita intellettuale, dando direzione unitaria a tutte le discipline in cui egli eccelleva. Lalande, da parte sua, promosse in numerosi interventi la pubblicazione dei saggi di Dupuis, come nel 1795 sul giornale Le Moniteur Universel, dove diede notizia dell'uscita della sua opera che lo consegnò alla storia della ricerca storico-scientifica.
Dupuis ebbe modo di illustrare le sue teorie sull'origine astronomica delle religioni sin dal 1779 sul celeberrimo Journal des Savants, in una prima serie di brevi saggi, che poi raccolse in un'opera organica nel 1781 con il titolo Mémoire sur l'origine des Constellations et sur l'esplication de la Fable par l'astronomie [Memoria sull'origine delle Costellazioni e sull'interpretazione del mito con l'astronomia].
Le sue teorie, cui Dupuis dedicherà il resto della vita di ricercatore ad approfondire e corroborare, circoleranno quindi a lungo sotto forma di brevi saggi, ma soprattutto attraverso discussioni e scambi di pareri tra conoscenti interessati all'argomento, come la ricercatrice Claude Retat, docente di letterature antiche all'ENS di Lione ha mirabilmente posto in giusta evidenza in un importante saggio del 1999 [2]. È ovvio che la Rivoluzione del 1789 accelerò in generale processi di analisi, oltre che di azione nei confronti dell'esistente sia a livello culturale sia nei confronti delle istituzioni.
Va ricordato a questo proposito, che la critica alle religioni rivelate, pur affondando le proprie radici in una precedente letteratura molto vasta, andava anche incontro alle esigenze dello spirito del tempo e ancora di più a quelle del governo repubblicano rivoluzionario che, nella sua politica antireligiosa, aveva preso duri provvedimenti nei confronti del clero regolare e agevolato il formarsi di una chiesa nazionale caratterizzata da un clero divenuto in ampia parte, in quanto salariati dallo Stato, dei veri e propri impiegati, prestando giuramento di fedeltà alla nazione e alla legge.
Con l'acutizzarsi della crisi tra lo Stato repubblicano e il clero refrattario alla Costituzione civile, la politica anticlericale si trasformò in una vera e propria scristianizzazione che si caratterizzò attraverso varie modalità, come la riforma del calendario che andò a sostituire quello gregoriano, conseguentemente il computo degli anni a partire dal 22 settembre 1792, considerato il primo giorno della fondazione della Repubblica e quindi anche il primo anno della nuova era che avrebbe sostituito il computo basato sulla nascita di Cristo; e che è esso stesso un evento astronomico altamente significativo e cioè quello corrispondente all'equinozio d'autunno.
Altri provvedimenti molto diffusi furono la soppressione delle feste religiose e la loro sostituzione con feste civiche legate alla Repubblica, la fusione delle campane o dell'argenteria clericale, la celebrazione di festività legate ai principi della repubblica come la festa della dea Ragione e il culto dell'Ente Supremo.
L'elaborazione della sua più celebre opera, e cioè L'Origine de tout les cultes, ou Religion universelle, si situa quindi proprio nel vivo del quadro storico politico nazionale in cui è urgente dimostrare in termini storici l'esistenza di una religione universale basata sull'uso della ragione e scaturita dall'osservazione empirica, una religione non astratta e metafisica ma che risulta al contrario essere profonda e saggia, una glorificazione della Natura di cui l'umanità e tutto il vivente sono figli. Una religione antica quanto l'uomo quindi, scientifica e umanistica, e perciò rigorosa.
La divinità astratta e separata è così fagocitata dalla natura in modo tale da non esserne più distinguibile; la mentalità arcaica finisce con il parlare la stessa lingua della modernità, e così il panteismo settecentesco incontra nelle profondità dei tempi un analogo atteggiamento mentale improntato a uno spinozismo integrale, privo di fanatismo, tollerante, luminoso, profondamente letterario, addirittura poetico se confrontato alla sensibilità moderna e scientista.
In questa sua opera maggiore, Dupuis rivelava dunque, con lo strumento delle discipline disponibile nella sua epoca e alle quali chiunque poteva attingere, l'esistenza di una tradizione primordiale universale perché naturale, basata sulle facoltà innate dell'uomo e non eccedente da cui limiti conoscitivi, al contrario delle dogmatiche e autoritarie religioni rivelate che svilivano e offendevano l'uomo in quanto di più dignitoso egli potesse possedere: la ragionevolezza, il buon senso, la capacità di discernimento.
Tornando ai contenuti della sua grande opera, edita nell'An III de la République (1795), in data 21 Fruttidoro, corrispondente al 7 settembre del vecchio calendario, essa apparve in due formati, il primo in tre volumi in 4° ed il secondo in dodici volumi in 8°, entrambe le edizioni comprendevano un atlante in 4° contenente il celeberrimo frontespizio, alcune pagine esplicative e 22 tavole illustranti planisferi antichi e reperti archeologici dell'antichità di natura mitologico-astronomica.
In questo ponderoso lavoro Dupuis sviluppava a fondo il sistema su cui studiando e discutendo con i suoi più fidati amici da vent'anni e di cui diede per fortuna un importantissimo compendio nel 1798 [3] che a modo suo gli assicurò una lunga vitalità. È infatti attraverso quest'ultima opera riassuntiva delle sue concezioni che Dupuis poté essere ristampato regolarmente durante tutto il XIX secolo sino ai primi decenni del XX e tradotto nelle principali lingue europee. La fama che lo studioso conservò, grazie al suo compendio, limitò però notevolmente la vastissima portata della sua opera maggiore. Dupuis fu volutamente identificato e relegato come un autore ateo e non, cosa più veritiera, come uno storico comparativista di modelli culturali antichi presentanti analogie significative pur trovandosi separati nel tempo e nello spazio.
La grande scoperta di Dupuis consiste nel fatto che tutte le religioni conosciute avevano a fondamento una concezione cosmologica comune, manifestazione di uno stesso identico sistema di conoscenza, anche se espressa nelle lingue ed immagini peculiari di quelle culture successive che l'avevano manipolata spesso in modo pesante.
Le religioni più recenti che si ritenevano le "definitive" rispetto a tutta una serie di errori e che la stessa divinità aveva rivelato ad alcuni eletti, tipo quella ebraica, cristiana e l'islamica, non erano a livello dottrinale che una deformazione di questa arcaica religione universale espressa attraverso allegorie di natura astronomica molto complesse.
Per molti secoli durante l'antichità greca e latina, molti storici e mitografi, si erano impegnati nel tentativo di risolvere alcune delle maggiori difficoltà interpretative poste dai miti loro trasmessi dalle ere più remote e dar loro una razionalizzazione e sistematizzazione. Durante il Medioevo si ebbe un declino di queste ricerche, se non una loro rimozione per via dell'assoluta egemonia del totalitarismo dogmatico cristiano sull'alta cultura. Con l'Umanesimo e il Rinascimento si verificò per fortuna una loro vigorosa ripresa, e i loro risultati e riscoperte di testi andati perduti per secoli per la cultura occidentale, furono in parte trasmessi all'età moderna.
Dupuis e altri ricercatori di cose antiche, poterono inoltre avvalersi della grande massa di dati che, a partire dalle esplorazioni geografiche e poi con le prime imprese coloniali, si resero disponibili a chi si poneva tali questioni. In Dupuis, infatti, non ritroviamo mai un'affermazione, specialmente se impegnativa, priva di una mole notevole di riferimenti. Anche i testi dei missionari gesuiti in Oriente furono utilizzati per trarre importante materiale a supporto delle sue teorie.
Alla base del suo sistema, quindi, troviamo implicita l'ipotesi dell'esistenza di una civiltà mondiale caratterizzata da un corpo di dottrine molto omogeneo che si esprimeva attraverso immagini di natura cosmologica, in cui misticismo e scienza erano fuse in figure allegoriche in una narrazione molto articolata. Il sorgere e il tramontare delle stelle, le loro relazioni con la luna e i pianeti conosciuti (stelle mobili), i rapporti delle costellazioni zodiacali con le costellazioni che tramontano o sorgono con esse (paranatellonta), il procedere annuale del sole tra le costellazioni dello zodiaco: tutto ciò, reso non attraverso una pura e semplice descrizione oggettiva, come nella geografia astronomica, ma sotto forma di drammatizzazione e personificazione dei corpi celesti, pianeti, sole, luna e costellazioni varie, è la radice prima di ogni religione avente la natura come oggetto di culto e una concezione profondamente panteistica su base astronomica.
La ciclicità in questa concezione arcaica è fatta allora segno di perfezione e immagine dell'eternità, tutto muore per poi rinascere. La stessa dottrina della metempsicosi, la più antica e universale forma di credenza religiosa dell'umanità risiede in essa e così l'ilozoismo, la concezione che la natura sia un'entità vivente, una grande madre in cui tutto ciò che esiste è vivo.
Queste narrazioni simboliche, modellate sul sapere cosmologico arcaico, trasmesse e perfezionate nel corso dei millenni da una cultura all'altra, sono esattamente quanto non potremmo meglio definire come "esoterismo", in quanto attraverso esse tutto quanto di sacro e sensato coinvolgeva l'uomo, la società e l'umanità era perfettamente sintetizzato, ogni cosa si armonizzava con l'altra, soprattutto il microcosmo e il macrocosmo.
Queste concezioni erano tenute segrete e trasmesse iniziaticamente da scuole di pensiero antiche quanto l'umanità stessa. La deformazione di questo complesso di dottrine ad opera delle religioni più recenti non rappresenterebbero altro, quindi, che uno snaturamento assoluto di questa remotissima sapienza arcaica elaborata in un arco temporale dell'ordine delle decine di migliaia di anni.
Questa dottrina profonda e totale, in quanto in grado di comprendere e riflettersi in una pluralità di discipline poi note come scienza, religione, astrologia, alchimia, magia, poesia, architettura, pittura, scultura, ecc., è quanto di più prezioso le culture remote trasmisero a quelle posteriori che purtroppo non seppero sempre preservarla nella sua integrità e portata, finché non si giunse a una loro completa incomprensione già nell'antichità e con ciò all'esigenza di una loro interpretazione alla luce del poco sapere posseduto, e ciò continua ancora ai nostri tempi, anche se molti progressi negli ultimi secoli sono stati indubbiamenti conseguiti.
Dupuis attribuisce giustamente un'importanza fondamentale ai due principi di luce e tenebra che nel pensiero arcaico devono aver svolto un ruolo centrale. La totalità dell'essere, la Natura cioè, l'universo-dio come lo chiama Dupuis, era la sede di un immane dramma cosmico in cui la vita e la morte tentavano di prendere il sopravvento senza mai riuscirvi del tutto. L'alternarsi del giorno e della notte e delle stagioni ne erano prove concrete e l'attesa del ritorno dell'astro ogni giorno o della primavera dopo la quasi morte invernale, così come il ripetersi di altri cicli astronomici maggiori, era vissuta sempre con apprensione e gioia dalle culture arcaiche.
Da qui la grande attenzione nei confronti della natura, intesa come abito vivente della divinità. L'osservazione del cielo, della volta celeste cioè, nell'attesa che la rinascita della vita nel mondo si verificasse, divenne la scienza suprema, l'arte regale, che tenne perennemente impegnati coloro che si occupavano a officiare i riti dei culti profondamente radicati nella natura e volti a celebrarla e attraverso essa l'intera umanità che non poteva non esserne una parte significativa, insieme a tante altre e ritenute quindi non meno importanti.
Soprattutto gli aspetti direttamente connessi con la rinascita delle messi e della nuova vita
[segue]
NOTE
[1] I dati biografici concernenti Dupuis sono stati tratti tratti dalle seguenti opere: Introduzione all'edizione del 1822 in 7 volumi in ottavo di Origine de tous les cultes, edita dalla Librairie Historique di Emile Babeuf, di Pierre-René Anguis; la voce Dupuis (Charles-François) tratta da Les Hommes illustres du département de l'Oise, di Charles Brainne, 1858, Imprimerie d'Achille Desjardin; la voce Dupuis tratta dalla Biographie universelle di Michaud, 1855, vol. 12, edita da Cher Madame C. Desplaces; Histoire de la littérature française, di Fréderic Godefroy, 1879, volume 6, edito dalla Librairie Catholique.
[2] Vedere il saggio di Claude Retat, Lumières et Ténèbre du Citoyen Dupuis. I membri più noti di questo circolo, oltre Dupuis e Lalande, furono l'abate Leblond, uomo che funse da tramite tra i molti componenti della critica tardo illuminista della religione e le istituzioni politiche del regime rivoluzionario; François Chasseboeuf Volney, autore del celebre Les Ruines. Méditations sur les révolutions des empires [Le rovine. Meditazioni sulle rivoluzioni degli imperi]; François Henri Stanislas Delaulnaye, autore di quello che Claude Retat definisce "un grande naufragio intellettuale" e cioè l'ambizioso e concorrenziale (nei confronti di Dupuis) progetto di scrivere un'opera intitolata Histoire générale et particulaire des religions et du culte de tous les peuples du monde [Storia generale e particolare delle religioni e del culto di tutti i popoli del mondo], che doveva articolarsi in 12 volumi in 4°, ma di cui non uscirono che un prospetto e fascicoli per un totale di poche centinaia di pagine. Delaulnaye scrisse anche Mémoire sur la Franc-Maçonnerie [Memoria sulla Libera Massoneria], del 1806, e Thuilleur des trente-trois degrés de l'Éscossisme [Tegolatore dei trentatré gradi dello scozzezismo], edito nel 1813; Alexandre Lenoir, autore di La Franche-Maçonnerie rendue à sa véritable origine [La Libera-Muratoria restituita alla sua vera origine], 1814 e anche Nicolas de Bonneville, autore di De l'esprit des religions [Sullo spirito delle religioni], edit nell'an 4 de la liberté (1792), e anche Les Jésuites chassés de la maçonnerie, et leur poignard brisé par le maçons [I Gesuiti cacciati dalla massoneria e il loro pugnale spezzato dai massoni], del 1788.
[3] Dupuis, Compendio dell'origine di tutti i culti