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21 novembre 2013 4 21 /11 /novembre /2013 07:00

Storia dell'energia solare

 

solare-greci.jpg

Le prime ricerche allo scopo di captare e sfruttare l'energia solare risalgono all'antichità. Gli Egiziani sapevano che in un recipiente di vetro ermetico, si poteva ottenere una temperatura più elevata che in un recipiente aperto; è ciò che chiamiamo "effetto serra". Circa 3.500 anni fa, essi avevano realizzato delle macchine complesse nelle quali il calore dei raggi solari azionava un organo.

 I Greci antichi attribuivano un'enorme importanza al modo di accendere la fiamma olimpica. Soltanto i raggi del sole potevano garantire la purezza. Essi avevano concepoito un skaphia, antenato dello specchio parabolico, per riflettere i raggi solari che emanavano un inteso calore che provocava una fiamma.

 

solaregreci2.jpgNel 212 prima della nostra era, Archimede progettava di incendiare le navi romane davanti il porto di Siracusa concentrando i raggi solari con l'aiuto di "specchi ustori". A questo proposito, un aneddoto è riportato da Plutarco sul quale esistono delle polemiche dall'antichità. Durante la Seconda Guerra Punica, il generale romano Marcellus assediò Siracusa. Archimede, famoso come geometra assicurava la difesa della città in quanto ingegnere militare. Così, si tramanda che per distruggere la flotta romana, egli avrebbe concepito ed utilizzato degli specchi concavi, gli "specchi ustori" per scatenare degli incendi attraverso la concentrazione dei raggi solari. Archimede avrebbe d'altronde scritto una Ottica oggi perduta. L'oggetto stesso era effettivamente noto. Euclide lo menzione in Ottica e catottrica.

 

solare-Eolipyle.jpgNel 133 a. C., Erone di Alessandria costruì una macchina a reazione che utilizzava la pressione del vapore acquei. Da questa caldaia usciva un tubo cavo collegato ad una sfera che poteva ruotare intorno ad un asse orizzontale. Da questa sfera due altri tubi perpendicolari all'asse lasciavano uscire il vapore che per propulsione facevano ruotare la sfera. Egli studiò anche i fenomeni di riflessione della luce su degli specchi piani, convessi o concavi.

 

Verso il 120 a. C., Erone di Alessandria mise a punto la fontana che preso poi il suo nome che serviva per abbellire i giardini di Alessandria. Il principio della fontana di Erone è stato utilizzato per prosciugare le miniere, per alimentare alcune fontane del castello di Versailles e in lampade idrauliche. Nel 1615, l'ingegnere francese Salomon de Gaus (Gaux), descrive nella sua "Raison des forces mouvante" [Ragione delle forze motrici], una fontana che funzionava grazie al calore dei raggi solari. Questa fontana sollevava l'acqua e svolgeva il ruolo di una pompa ad acqua. Come quella di Erone di Alessandria, funzionava senza concentrazione dell'energia solare.

 

solare-fontana-erone.jpg

 


solare-GausDurante la primavera e l'estate del 1747, Buffon sperimentò uno specchio composto da 168 vetri stagnati, di circa 20 cm di lato. Ognuno di questi vetri era mobile in tutti i sensi e poteva così riflettere la luce del Sole verso lo stesso punto. Gli esperimenti furono fatti a Parigi, nel giardino reale (attualmente il Giardino botanico):

- un ramo di faggio incatramato bruciò con 40 vetri soltanto (un quarto dello specchio);

- si fece fondere un grande contenitore di stagno, del peso di sei libbre, con 45 vetri (lo stagno fonde a 228° C):

-un pezzo d'argento si fuse con 117 vetri (la'rgento fonde a 1044° C).


solare6.jpgLo specchio di 168 vetri fatto costruire da Buffon per un esperimento.

 

 

 

Lavoisier realizzò il primo forno solare concentrando i raggi solari con l'aiuto di una lente a liquido.Raggiunse la temperatura della fusione del platino di 1750°.

 

Alla fine del XVIII secolo, il ricercatore Svizzero H. B. de Saussure costruì diverse macchine solari. Il suo primo collettore era ricoperto da due placche di vetro orientate verso il sole allo scopo di aumentare l'effetto serra. Nel XIX secolo e all'inizio del XX, numerose e a volte importanti installazioni furono costruite con lo scopo di riprodurre l'energia meccanica a partire dall'energia solare.

 

Nel 1816, il Pastore scozzese Robert Stirling depositò un brevetto per un "motore a combustione esterna", chiamato anche "motore ad aria calda". L'aria racchiusa in un cilindro era sottoposta a 4 cicli: riscaldamento, distensione, raffreddamento e compressione per mezzo di una fonte di calore esterno, il sistema permetteva di comportare il movimento ritatorio del motore. Malgrado numerose applicazioni il motore "Stirling" non resistette alla competizione economica dapprima dei motori a vapore e in seguito dei motori a combustione interna.

 

Nel 1837, l'astronomo inglese Sir John Herschel costruì un forno funzionante senza concentrazione dei raggi solari che utilizzava per preparare i suoi pasti durante una spedizione al Capo di Buona Speranza.

Nel 1839, Antoine Becquerel e suo figlio presentano per la prima volta un effetto fotoelettrico (fotovoltaico). Il loro esperimento permette di osservare il comportamento elettrico di elettrodi immersi in un liquido, modificato da una illuminazione. È stato capoto e presentato nel 1887 da Heinrich Rudolf Hertz che ne pubblicò i risultati sulla rivista scientifica Annalen der Physik. Albert Einstein fu il primo a proposrne una spiegazione, utilizzando  il concetto di particella di luce o quanto, chiamato oggi fotone, inizialmente introdotto da Max Planck nel quadro di una spiegazione che egli stesso propose per l'emissione del corpo nero. Albert Einstein ha spiegato che questo fenomeno era provocato dall'assorbimento di fotoni, i quanti di luce, durante l'interazione del materiale con la luce.

Nel 1873, Carl Günther espose per la prima volta degli specchi fatti da lastre metalliche che si potevano spostare in modo da concentrare i raggi del sole, Egli stimò la possibilità di produrre, su una superficie di 200 piedi quadrati, sufficiente vapore acqueo per poter ottenere una potenza di 1 cavallo-vapore.

solare-Mouchotte.gifDurante la seconda metà del XIX secolo, Augustin Mouchot costruì una macchina che poteva produrre del vapore a 3,5 armosfere, un grande specchio conico che servi a far funzionare la tipografia della Esposizione Universale del 1878 per stampare il giornale intitolato "Le Soleil" in 500 copie all'ora. Durante la stessa epoca, Pifre costruì anch'egli una tipografia solare. Ottenne una potenza di 2 cavalli per 20 m2 d'insolatore. Tra le altre realizzazioni , Augustin Mouchot dispiegò in questo campo una considerevole attività. Egli ideò numerosi apparecchi funzionanti ad aria calda. Nel 1860, costruì una pompa capace di sollevare l'acqua a 1,50 metri.

"Se nei nostri climi l'industria può far a meno dell'impiego diretto del calore solare, giungerà necessariamente un giorno in cui, in mancanza di combustibile, essa sarà obbligata di far ritorno al lavoro degli agenti naturali. Che i giacimenti di antracite e di petrolio le forniranno ancora a lungo la loro enorme potenza calorica, non ne dubitiamo. Ma questi giacimenti  si esauriranno indubbiamente: il legno che, si rinnova tuttavia, non è diventato più raro di un tempo? Perché non dovrebbe accadere la stessa cosa un giorno da una provvista di combustibile da cui si attinge così ampiamente  senza mai colmare i suoi vuoti che si formano? [...] Non possiamo impedirci di concludere che è prudente e saggio non addormentarsi su questo punto con una sicurezza ingannevole".
Da: Augustin Mouchot, "La chaleur solaire et ses applications industrielles".

Nel 1874 fu costruita a Las Salinas, sull'altopiano di Atacama in Cile, un distillatore solare che produsse 23 tonnellate di acqua dolce al giorno insolate - a 0.0001 $ al litro! e che funzionò per 40 anni data alla quale quest'acqua dolce non fu più necessaria.

solare-10.jpgUn'importante installazione fu quella che realizzò Franck Schuman vicino al Cairo nel 1913. Egli costruì ina caldaia solare di 100 cavalli che servì a pompare l'acqua dal nilo. Visto il prezzo del carbone in Egitto all'epoca, il ritorno sull'investimento fu di 4 anni. Schuman ideò un'altra realizzazione più grandiosa nel Sahara. però la prima guerra mondiale e poi l'avvento dell'era del petrolio a buon mercato, diedero un colpo fatale a questo progetto ambizioso.

Furono fatti degli sforzi per tentare di seguire il sole allo scopo di migliorare il rendimento e allungare il periodo di utilizzazione delle macchine. E. P. Brown di Cottonwood Falls (Kansas) è stato il primo a costruire uno specchio convergente ruotante per mezzo di un peso e ingranaggi.

M. L. Severy di Boston ha proposto di accumulare l'energia solare nelle ore in cui il sole non brilla nel seguente modo: Si posiziona un collettore nella sede di un riflettore che segue il movimento del sole durante la giornata. Il vapore prodotto nel collettore aziona un motore che pompa dell'acqua fino a un riserva sopraelevata. Quest'acqua fa funzionare un generatore, e così di seguito. L'energia accumulata serve a far girare il riflettore ed è impiegata per altri usi in assenza di raggi solari.

Sino all'ultima guerra, furono apportati dei miglioramenti alle tecniche però malgrado il loro interesse, le realizzazioni non hanno avuto che una portata limitata. Dal 1946 al 1949, Félix Trombe, ingegnere chimico, realizza a Meudon, insieme a Marc Foex e Charlotte Henry La Blanchetais, il primo programma sperimentale per l'ottenimento di alte temperature con l'aiuto della concentrazione di irraggiamento solare, ricollegandosi così ai lavori di Lavoisier del XVIII secolo. Questa prima "postazione di riscaldamento solare" da 2 kw utilizza un concentratore parabolico da proiettore di difesa antiaerea in montatura polare. Un nuovo strumento è nato per la chimica e la metallurgia ad alta temperatura. Questa tappa conduce alla costruzione del forno solare da 50 kW di Mont-Louis per iniziativa di Félix Trombe e considerato da lui stesso come il modello di un forno solare industriale futuro. Questo strumento servirà da modello per la costruzione e l'utilizzazione di numerosi forni solari nel mondo.

A partire dal 1949, Félix Trombe costruì alla cittadella militare di Mont-Louis un immenso specchio parabolico che concentrerà i raggi solari verso un punto che si eleverà alla temperatura di 3.000° C, temperatura mai raggiunta prima, a lungo e gratuitamente. Dirige in seguito la creazione del grande forno solare da 1.000 kW di Odeillo a Font-Romeau.

Il primo sistema CLFR / Compact Linear Fresnel Reflector al mondo è stato costruito dall'italiano Giovanni Francia e costruito con la collaborazione di Marcel Perrot a Marsiglia nel 1963. Bisognerà aspettare la crisi petrolifera del 1973, per riorientare la politica energetica in Francia. Nel settembre del 1977, in seguito ai lavori del programma THEM, EDF e il CNRS decidono di realizzare una centrale elettrosolare.

Il primo progetto è riorientato nella primavera del 1979 per ragioni di bilancio, ma nel giugno dello stesso anno, il Presidente Giscard d'Estaing decide di sostenere la filiera solare e accetta la costruzione di Themis, prima centrale elettrosolare francese a torre della potenza di 2500 kW. Il segretario di Stato alla Ricerca, Jacques Sourdille è un ardente difensore di Themis. la centrale solare è costruita nel 1983 a Targasonne vicino a Font-Romeau, a 1700 metri di altezza con 2400 ore di insolazione annui. Essa sarà oggetto di test per tre anni poi verrà chiusa nel 1986, perché la Francia aveva fatto la scelta di sviluppare esclusivamente la filiera della fissione nucleare. La centrale fu riaperta nel 2007 per la realizzazione del progetto PEGASE.

Nel 2007 e 2008, avviene il grande ritorno del solare a concentrazione negli USA, Spagna, Australia, Marocco, Egitto, Algeria, nei paesi del Golfo persico, ecc. e ciò in un contesto di crisi climatica e di rincaro delle energie fossili.

Nell'aprile del 2007, la centrale a torre PS10 da 11mW, è inaugurata in Spagna a Siviglia. La PS10 è la prima piattaforma solare commerciale che raggiungerà 300 MWe nel 2013, di che alimentare in elettricità l'intera città di Siviglia. La costruzione del modulo PS20, da 20 mW viene terminata. Nel luglio 2008, è la centrale ANDASOL1 da 50 mW ad essere inaugurata a Grenada. Questa centrale equipaggiata di un dispositivo di stoccaggio del calore per un'autonomia di 8 ore.

Se oggi conosciamo un grande balzo avanti nella produzione fotovoltaica, l'energia solare conosce ben altri derivati che non sono esclusivamente riservati ai mondi industriali. Il solare è innanzitutto un prodotto di consumo corrente, poco costoso da mettere in opera e la cui principale energia, il sole, è gratuito.

[Traduzione di Ario Libert]


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12 ottobre 2013 6 12 /10 /ottobre /2013 07:00

I primi artisti dell’umanità erano delle donne

mani-pech-merle.jpgAffresco parietale dalla grotta francese di Pech-Merle in cui sono visibili, quasi a mo' di firma, le mani degli artisti o più probabilmente artiste, che l'hanno eseguito, probabilmente delle donne e risalenti ad almeno 25.000-20.000 anni fa.


 

di Christine Talos

 

Uno studio ha appena dimostrato, contrariamente alle idee note, che tre quarti delle pitture rupestri dei siti preistorici sono stati realizzati da donne.
mani-Grotta-di-Gargas--Francia--silhouettes-mani.jpgImpronte di mani dalla grotta di Gargas negli Alti Pirenei francesi.
I manuali di storia erano stati sino ad oggi formali: i magnifici affreschi che si trovano soprattutto nelle grotte di Lascaux, in Francia, sono stati dipinti da uomini. Probabilmente da cacciatori che raccontavano e valorizzavano in tal modo le loro batture di caccia.

 

 

Mani-cueva-de-las-manos-argentina
Argentina, caverna delle mani.

 

Uno studio appena uscito contraddice quanto era stato sinora dato per acquisito. Esso dimostra infatti che le donne erano senz’altro i primi artisti dell’umanità.

 

mani-Grotta delle Mani Nere-Parco nazionale di Gulung Mulu-Grotta delle Mani Nere, nel Parco nazionale di Gulung Mulu, Borneo.

 

L’archeologo Dean Snow, dell’università della Pennsilvania, è giunto alla conclusione, sulla rivista “American Antiquity”, che il 75% delle pitture di bisonti, mammut, cavalli e altri cervi catturati dagli uomini, erano state realizzate da persone di sesso femminile della preistoria, sostiene il National Geographic.

Lunghezza e distanza delle dita
Per sostenere la sua teoria, il ricercatore si è appoggiato sulle impronte delle mani che si ritrovano un po’ ovunque nelle grotte preistoriche di tutto il mondo. Dean Snow ha studiato per quasi dieci anni la lunghezza delle dita e la loro distanza nelle tracce che decorano otto siti di Francia e Spagna. E ha messo a punto un algotitmo che determina con una precisione del 60% che tre quarti degli affreschi rupestri sono opera di donne.
mani-Grotta dell'Impronta, Belize(maya)Grotta dell'impronta, Belize.

 

Per il ricercatore, non è una sorpresa: “Nelle società di cacciatori raccoglitori, sono gli uomini ad uccidere. Ma per la maggior parte del tempo, sono le donne che portano le prede al campo. Esse sono dunque altrettanto coinvolte nella caccia quanto gli uomini”.

Pareri divisi
Gli esperti sono divisi sulle conclusioni di Dean Snow. Alcuni sono scettici come R. Dale Guthrie, che ha studiato anche lui delle impronte del paleolitico. Dopo aver esaminato dei palmi e dei pollici, aveva valutato che le mani appartenevano a degli adolescenti, “Dipingevano ciò che li interessava: delle donne nude e grandi animali spaventosi”.
mani-australia-caverna.jpgCaverna delle mani, Australia.


Altri ricercatori sono molto più convinti, “I lavori di Snow sono un contributo storico suul’argomento in questione”, ha dichiarato Dave Whitley un archeologo della California. “È la prima volta che qualcuno consegna un così buon riassunto di prove, quando da più di dieci anni nessuno si occupava più dell’argomento”.
Christine Talos



[Traduzione di Ario Libert]

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13 settembre 2013 5 13 /09 /settembre /2013 07:00
La svolta genocidiaria di Heidegger
heidegger-in-Heildelberg-1933
Aver saputo scrivere in quanto "filosofo" durante gli anni 30 ciò che doveva diventare il nazismo pone Heidegger fuori dalla portata di ogni ricerca relativa alla genealogia del genocidio?

Ciò costituisce un motivo per praticare una forma che si suppone essere giustificata del negazionismo?
"Leggere in quanto filosofo" Heidegger, come suggerisce Elisabeth de Fontenay, consiste a fare il gioco della trasposizione come "filosoficamente corretto" dell'immondo nazional-socialismo?

Per PhiblogZophe la famosa svolta di Heidegger- die Kehre- che ci viene da moltissimi anni presentato come un evento puramente intrafilosofico, e di una portata spirituale all'altezza dell'importanza dell'opera heideggeriana (come passaggio, soprattutto, da una fenomenologia ad un'ermeneutica del Dasein [*], non è in realtà, ma è qui tutto il suo errore, che l'integrazione "ontologica" del programma hitleriano dello sterminio nel cuore dell'università tedesca.

Discorrendo nell'Introduzione alla metafisica sul senso effettivo dell'essere- "cosa ne è dell'essere! - attraverso il motivo del (ri)cominciamento del "nostro essere-là spirituale" Heidegger conclude un paragrafo precisando: "Se c'è una cosa che la ripetizione  così come la intendiamo, la ri-chiesta, non è, è sicuramente la continuazione migliorata dell'usuale con i mezzi usuali".

Ho smesso di credere a babbo Natale quando spiega che i mezzi non usuali preconizzati da Heidegger sarebbero in realtà quelli del pensiero puro.

La ricerca di questi mezzi non usuali condurrà alla Shoah attraverso le pallottole poi alla creazione del sistema della deportazione avente come "centro" la camera a gas.

La Introduzione fa eco a quel passaggio di Heidegger citato da E. Faye: "Il nemico è quello là, è chiunque faccia aleggiare una minaccia essenziale contro l'esistenza del popolo e dei suoi membri. Il nemico non è necessariamente il nemico esterno, e il nemico esterno non è necessariamente il più pericoloso. (...) Il nemico può essersi innestato sulla radice più interna dell'esisitenza di un popolo, ed opporsi all'essenza propria di quest'ultimo, agire contro di esso. Tanto più tagliente e duro e difficile è allora la lotta, perché soltanto una parte infima di questa consiste in colpi reciproci; è spesso molto più difficile e laborioso reperire il nemico in quanto tale, di portarlo a smascherarsi, di non farsi illusioni sul suo conto, di tenersi pronto all'attacco, di coltivare e accrescere la disponibilità costante e di iniziare l'attacco dal lungo termine, con l'obiettivo dello sterminio totale".

Verrà un giorno in cui numerosi lettori "filosofi" di Heidegger appariranno per essere stati ingannati con una facilità sconcertante ed impensabile da parte, appunto, di "filosofi".
Quando Heidegger termina l'Introduzione con questa riflessione: "Essere e tempo designa una meditazione di questo genere, non un libro ma, ciò che è proposto come un compito", egli non fa in realtà che precisare il contenuto genocidiario della "svolta".
Ora, nel 1935, ciò rimane ancora un progetto abbastanza vago.
Egli "temporizza": "Si deve intendere con ciò quello che noi non sappiamo o che, se lo sappiamo autenticamente, e cioè come compito proposto, sappiamo soltanto sul modo del questionare (fragend)".
Bisogna pure che l'immondo, perché tale è anche il senso della svolta, sia "rilevato" nel suo contrario. Egli acquisisce qui la dignità del questionare filosofico. In modo da permettere, effettivamente, una "lettura filosofica", all'occorenza idiota e negazionista.
Anche se questo questionare è a proposito dell'essere, dunque del (ri)cominciamento, dunque dei mezzi non usuali...
Si obietterà: sì ma cosa ne è della problematica del tempo? Giustamente essa è relegata da Heidegger dall'idea di questo (ri)cominciamento della provenienza del Dasein in virtù del quale è "giustificato" il genocidio.
Bisogna ammettere che, per Heidegger, il Dasein, e il Dassein tedesco così come è chiamato a svolgersi nel nazismo, è "la misura di tutte le cose". Compreso il tempo?
SKILDY

[Traduzione di Ario Libert]
 

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Le tournant génocidiaire de Heidegger

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11 settembre 2013 3 11 /09 /settembre /2013 07:00

Geopirateria: I folli progetti degli apprendisti stregoni del clima

 

geo-ing.jpg

di Sophie Chappelle


Immettere delle particelle nell'atmosfera per riflettere i raggi del sole, inondare gli oceani di nanoparticelle, ricoprire i deserti di plastica... I "geo-ingegneri" si abbandonano a cuor leggero ai loro sogni prometeici di padroneggiare la natura. Il problema è che certi ci credono. Il Regno Unito si appresta a condurre un tale esperimento, finanziato con fondi pubblici.

E se, per attenuare le conseguenze dei cambiamenti climatici, riducessimo volontariamente la quantità di raggi solari che penetrano nell'atmosfera terrestre? Come? Attraverso l'immissione di minuscole particelle nella stratosfera. Agendo come uno specchio, queste particelle rifletterebbero i raggi del sole verso lo spazio e conserverebbero il pianeta al freso. Elementare caro lettore!
Quest'idea totalmente strampalata sarà sperimentata tra il 6 ed il 23 ottobre nel Regno Unito nel quadro del progetto Spice (Stratospheric Particle Injection for Climate Engineering). Un pallone d'elio sarà collegato ad un tubo della lunghezza di 1 km e inietterà... dell'acqua nel cielo! "È soltanto un prototipo", tengono a precisare gli iniziatori del progetto. Un modo per vedere come il sistema ideato reagirà durante diverse condizioni climatiche, prima di passare ad una sperimentazione su scala maggiore. E non delle più piccole: gli iniziatori del progetto ritengono necessario l'uso di un pallone "delle dimensioni dello stadio di Wembley". Da inviare a 20 km di altezza, sarà legato al suolo da un tubo nel quale saranno iniettate delle particelle chimiche - i solfati sono quelli più spesso suggeriti. Con dei possibili impatti negativi sulla salute umana. Anche se non è che un prototipo, la sperimentazione d'ottobre avrà un costo stimato a 1,8 milioni di euro, sostenuto dai fondi pubblici [1]. L'idea si ispira all'eruzione del vulcano Pinatubo nel 1991, che aveva proiettato 20 milioni di tonnellate di diossido di zolfo nella stratosfera, da cui derivò un raffreddamento medio del pianeta di 0,5° C per due anni.

Delle nanoparticelle negli oceani

Estremamente entusiasti, degli scienziati assicurano che l'attuazione del progetto Spice potrebbe permettere di diminuire la temperatura globale di circa 2° C in due anni. Essi ammettono tuttavia alcune incognite se questa tecnica venisse ad essere generalizzata. Secondo il think tank canadese ETC group, in stretto legame con dei movimenti cittadini per la giustizia climatica, "Il blocco dei raggi del sole potrebbe causare importanti danni all'ambiente, soprattutto favorendo l'emissione di gas ad effetto serra addizionali nell'atmosfera e contribuendo a cambiare i regimi climatici, a ridurre le piogge, a danneggiare lo strato d'ozono, ad impoverire la biodiversità". Questa sperimentazione è soprattutto caratteristica di un'idea che guadagna terreno: se gli interventi locali e ripetuti degli esseri umani possono avere degli effetti su tutto il pianeta, perché non si dovrebbe intervenire deliberatamente per correggere i danni che abbiamo involontariamente causato al clima? Questa tendenza ha un nome, la Geo-ingegneria (geo-ingineering). La posta in gioco consiste nel fornire delle soluzioni tecnologiche che avranno per effetto di alterare la stratosfera o meglio ancora ristrutturare la superfice degli oceani.

Imballare i deserti

Nel dettaglio: ricoprire i deserti di plastica bianca per riflettere l'irraggiamento solare, fertilizzare gli oceani con delle nanoparticelle di ferro allo scopo di far proliferare il fitoplancton, che assicura teoricamente il sequestro di CO2, o ancora, versarvi della calce allo scopo di ridurne l'acidità e accrescere la loro capacità di assorbimento di CO2 [2]. Delle idee più assurde le une delle altre, ma che fanno entrare milioni di dollari...
Questo piano B comporta inesorabilmente una commercializzazione del clima: i brevetti intorno a "Soluzioni miracolose" alla crisi climatica si moltiplicano. Come riassume Vandana Shiva, "La geo-ingegneria tenta di risolvere i problemi adottando la stessa vecchia mentalità che ha preteso di voler controllare la natura". Profondamente inegualitaria, la "Geopirateria" è all'iniziativa dei governi dell'OCDE e delle potenti impresi, che si lancianosole e senza concertazione in un gioco pericoloso dalle conseguenze rischiose e omprevedibili sulle popolazioni più vulnerabili. Puntare su queste tecnologie significa anche violare i trattati internazionali: durante la 10a Conferenza dei membri alla Convenzione a Nagoya nell'ottobre del 2010, una moratoria è stata effettuata contro le tecnologie di geo-ingegneria. con una eccezione per gli esperimenti scientifici su piccola scala, condotti in un ambiente controllato e sotto giurisdizione nazionale. La geo-ingegneria è soprattutto la scusa perfetta per evitare di dover prendere delle misure che riducano le emissioni. Un modo per guadagnare tempo senza cambiare sistema.

Sophie Chapelle

[Traduzione di Ario Libert]

LINK al post originale:
Les projets fous des apprentis du climat

NOTE

[1] Troviamo tra i finanziatori il Consiglio nelal ricerca in ingegneria e scienze fisiche [Conseil dans la recherche en ingénierie et sciences physiques (EPRSC)] e il Consiglio per la ricerca nell'ambiente naturale [Conseil pour la recherche dans l’environnement naturel (NERC)].
[2] L'insieme di questi esempi sono commentati nel rapporto di ETC Group intitolato Geopirateria: argomenti contro la geo-ingegenria, scaricabile qui: http://www.etcgroup.org/upload/publ...
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31 maggio 2013 5 31 /05 /maggio /2013 07:00
Sahara neoliticosahara01.jpg


L'Australopiteco sapeva molte cose, l'Uomo ha saputo che sapeva e quest'uomo moderno, in piena fase di conquista, ha avuto, ancor più dei suoi predecessori, voglia di far sapere che sapeva di sapere. E sono centinaia di migliaia  di documenti incisi o dipinti che di colpo sorgono dal tempo sotto i nostri occhi meravigliati che ci attestano che i nostri antenati non erano stupidi... diceva Yves Coppens.

 

Grande Atlante del continente africano - Editions Jeune Afrique, 1973


sahara02.jpg"Quando le piogge rendevano verde il Sahara durante il neolitico, i suoi occupanti sono ampiamente avanti sul resto del mondo in campo tecnico (allevamento, ceramica) ma anche artistico producendo dei capolavori considerarti tra i più belli dell'umanità. Questa popolazione sahariana è composta da una moltitudine di gruppi umani, provenienti da migrazioni successive, Neri, Bianchi, Meticci, tutti differenti ma uniti in una stessa civiltà bovidiana che possiamo considerare come l'origine dell'Africa attuale.

 

Un viaggio nel Sahara è l'occasione di un vero ritorno alle fonti culturali dell'Africa e permette di meditare sulla coesistenza di etnie, di lingue e di religioni diverse".


Il Neolitico


 sahara03.jpgIl Neolitico può essere considerato come l'apoteosi nell'evoluzione delle società preistoriche dopo dopo 2-3 mioni di anni in cui il genere Homo ha dovuto acquisire la bipedia e la tecnologia della pietra, la parola ed il fuoco. Nel suo cammino, ha scoperto la coscienza e l'angoscia della morte, creato i suoi primi miti e le sue prime religioni. Il Neolitico assiste all'accelerazione di tutti questi processi che conducono al progresso. Partita da una società di caccia, l'umanità evolve verso la sicurezza della produzione.

 

Il periodo del Neolitico in Africa è conosciuto soprattutto dalla fonte documentaria incomparabile che è l'arte rupestre. Il Sahara è il più vasto museo a cielo aperto del mondo. Quest'arte rupestre non corrisponde ad un breve periodo di attività. Si estende per un lungo periodo durante il quale non ha smesso di evolversi.

 


sahara04.jpgsahara05.jpgIn una cronologia diventata classica si considerano come periodi arcaici, bubalino e teste rotonde, contemporanee di cacciatori che braccavano la grande fauna selvaggia soprattutto il grande bufalo (datazione situata nel grande periodo umido anteriore al 7.500 BP, seguiti da un periodo pastorale in cui regnavano i bovidi (tra 7000 e 4500 BP) poi seguono due periodi appartenenti alla protostoria: il periodo caballino che vede l'introduzione del cavallo ed i famosi Garamanti (tra 3500 e 2000 BP) e infine il periodo camellino quando fa la sua apparizione il dromedario. Questi animali danno dei reperti ecoclimatici e socioculturali.


sahara06.jpgDagli  anni 80 del XX secolo dei ricercatori come A. Muzzolini o J. L. Le Quellec propongono una cronologia più corta in cui i periodi Bubalino e pastorale non sono nei fatti  che delle divisioni di un vasto insieme raggruppante degli stili differenti. Essi si appoggiano su un argomento di valore: la presenza di buoi domestici in tutti questi stili, e di conseguenza un ringiovanimento dell'arte rupestre il cui inizio è stimato dopo l'arido semi-olocenico 7500-7000 DP (dal presente).

 sahara07.jpgQuesta cronologia ha il merito di ergersi contro il pregiudizio di un evoluzionismo culturale lineare che vede succedere lo stadio dei cacciatori, quello degli allevatori ed infine degli agricoltori e in cui il cacciatore è sempre considerato come un primitivo ed un selvaggio associato ad una mentalità arcaica. Al contrario per l'etnologo Marshall Sahlins, il paleolitico era l'età dell'abbondanza, i nostri antenati cacciatori non dedicavano che alcune ore alla cacia, si procuravano facilmente del nutrimento  poiché non erano numerosi. È il mito del paradiso terrestre che è rimasto in tutte le religioni.

 

Le cose non sono così semplici e le separazioni tra i periodi non così evidenti. I cacciatori-raccoglitori hanno coabitato con i pastori per lunghi periodi. Nell'Africa subsahariana l'idea di successione deve essere sostituita con quella di coesistenza. Appena cinquanta anni fa, i Boscimani del Kalahari ed i Pigmei della grande foresta equatoriale vivevano esclusivamente di caccia e di raccolta pressapoco allo stesso modo dei nostri lontani antenati del Paleolitico.

 

sahara08.jpgAllo stesso tempo e ad una distanza di alcuni chilometri dei villaggi di agricoltori allevatori vivevano in autosussistenza come quelli del neolitico. Queste comunità paleolitiche e neolitiche non sono scomparse con l'urbanizzazione di massa e disordinata dell'ultimo quarto di secolo. Conservazione e adattamento a nuove norme, queste due forme di spiriti antagonistici presso gli Occidentali sono strettamente legati all'Africa nera non soltanto nel quadro di un gruppo sociale dato, ma anche - e soprattutto - nella testa degli urbanizzati che hanno avuto accesso a un modo di vita moderno (Marianne Cornevin).


 sahara09.jpgAi giorni nostri nelle grandi capitali africane degli alti funzionari sono capaci di condurrea buon fine delle riforme imposte dai politici di stabilizzazione strutturale (informatizzazione delle procedure di gestione ad esempio) pur conservando un ruolo attivo nella vita tradizionale della loro etnia. Allo stesso modo i pastori nomadi incontrati durante questi viaggi conducono un'esistenza paragonabile a quella degli artisti autori di tutte queste testimonianze. L'assenza per il momento di datazione diretta delle pitture e delle incisioni (le date date non provengono che dagli oggetti trovati durante degli scavi effettuati su siti di cui nulla prova che essi siano dell'epoca degli artisti) non permette di assegnare correttamente ledue cronologie. I differenti periodi saranno presentati rispettando la terminologia classica.

 

 sahara10.jpgSito di Telimorou, regione di Fada (Ennedi). Diversi siti visitati in Libia (settore degli Aramat), Algeria (altopiano del Medak e regione di Dider nel Tassili N'Ajjer, Tadrar), e nello Ciad (massiccio dell'Ennedi) illustreranno i principali periodi. I siti di pitture (ad eccezione dei siti "teste rotonde") si situano generalmente nelle vallate in cui i fiumi oggi non scorrono più se non raramente e soltanto per pochi chilometri e durante i temporali. I principali siti di incisioni si trovano per contro nel letto degli uadi (torrenti fossili).


 sahara11.jpgGrotta, regione di Aroué (Ennedi). Le grotte ed i ripari dove si possono contemplare delle pitture che si trovano molto spesso ai piedi delle scarpate, a diverse altezze e precedute da una terrazza dominante una grande pianura. Non è necessario che la falesia sia alta o che il blocco di arenaria presenti imponenti superfici piane per trovare dell'arte rupestre. Sembra che il biotopo abbia più importanza della qualità delle pareti.


Scena di caccia all'antilope. Quest'arte è intimamente legata all'ambiente dei siti e ogni escursionista si accorgerà che spesso è bello viverci ed accamparsi. Alcune di queste grotte sono ancora utilizzate dai nomadi come deposito di bagagli.


sahara12Il colore naturale dell'arenaria è giallo. All'esterno è fortemente patinato in rosso, colore dominante del paesaggio con il bianco giallino della sabbia. La gamma dei colori non è molto ricca. Essa è limitata dalle risorse locali. Il rosso domina e proviene da noduli di ocra naturali (scisti di colori diversi) che per in alcuni luoghi affiorano in grandi quantità. I colori spesso più usati sono le diverse sfumature di rosso, di viola, di giallo. Sono i colori degli scisti più comuni. Il grigio, il blu, il verde oliva, che appaiono soprattutto nelle pitture sulle maschere, provengono anche dagli scisti la cui esistenza è più rara. In quanto al bianco i pittori dovevano andare a cercarlo in quantità notevoli nei giacimenti di caolino poco numerosi che potevano essere molto distanti dai siti. Un filone di terra bianca (caolino) affiora in cima all'abka Tafelet (altipiano del Medak).


sahara13.jpgI coloranti erano ottenuti schiacciando gli scisti con l'aiuto di uno sminuzzatore su una macina. La polvere era in seguito stemperata in un legante. Il liquido veniva applicato sulla parete con l'aiuto di un bastoncino masticato per le opere più antiche e con uno strumento simile ad un pennello per il periodo degli scisti.

 

La raccolta è un importante contributo, soprattutto quello delle graminacee selvatiche. Si ritrova del materiale macinato in grandi quantità, macine e frese sul suole delle terrazze.


sahara14.jpgL'abbondanza di questo materiale prova che la crescita naturale normale delle graminacee selvagge a grande valore alimentare bastava al consumo senza che fosse necessario far ricorso alle procedure costrittive dell'agricoltura. Otto mila anni or sono si raccoglieva in autunno le spighe del piccolo miglio che erano cresciute da sole.

 

Queste graminacee selvagge costituiscono oggi ancora l'essenziale della razione calorica nelle regioni tropicali dell'Africa. Il miglio penicillare è coltivato in tutta la fascia dello sahel. L'Africa tropicale era dunque infinitamente più ricca dell'Europa temperata in piante alimentari di grande valore, il che spiega la persistenza sino ai nostri giornidi questa proto-agricoltura.

sahara15.jpgGli uomini del neolitico non erano dei primitivi come molti immaginano gli uomini preistorici. Essi avevano la fede e la credenza che trascendono la vita quotidiana. I defunti non erano abbandonati ma accuratamente  deposti nella terra. Degli scavi sul sito di Tin Hanakaten, nel sud est di Djanet, hanno rivelato degli scheletri posti in un cassone di pietra ricoperto da un ammasso di blocchi datati al 8000 dal presente. Ma ciò che attira di più l'attenzione, sono le centinaia di sepolture che si possono vedere in tutti gli angoli del Tassili N'Ajjer che i Tuareg designano con il nome di idebnan.


sahara16.jpgLa sepoltura più semplice è il tumulo. È il tipo più diffuso nel Sahara e quello che si conserva meglio. Si tratta di un semplice mucchio di pietre omogenee che hanno la forma di un rialzo sul vertice conico o a sfera. La sepoltura "a corridoio e chiuso" è il tipo di tomba più grande, il più complesso e il più caratteristico del Tassili N'Ajjer.


sahara17.jpgEsso si compone di un viale-corridoio e di due cerchi, il più piccolo circonda il tumulo, il secondo l'intero edificio. Le dimensioni di queste sepolture possono raggiungere i 150 m. Questi monumenti sono quai tutti orientati verso l'est, l'orientamento è dato dal viale corridoio. Spesso questi tumuli a corridoio e chiusi sono costruiti su un rilievo per essere visto da lontano come quello di Tikubauine.


sahara18.jpgUn altro tipo di tomba si presenta sotto la forma di pietre erette in circolo circiondanti una specie di tumulo centrale. Il tumulo è la più antica tomba che ci sia. Quello di Tin Hanakaten è datato al 7900 dal presente. Delle datazioni effettuate durante degli scavi di tumuli identici nell'area del Niger hanno fornito delle date dell'ordine di 6000 anni dal presente, ossia in pieno periodo pastorale.

 

 

 

 

Il periodo Bubalino

 

Il deserto non è deludente, anche qui, su questa soglia in cui non fa che iniziare ad apparire. La sua immensità innanzitutto, ingrandisce tutto, e, in sua presenza, la meschinità degli esseri viene dimenticata.

Pierre Loti

 

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Dettagli della testa del grande bue dal corpo decorato da spirali.

 

 

 

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Gazella sdraiata. Tin Teghert

 

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Le incisioni del sito di Tin Teghert, nella grande depressione di Dider, appartengono nella maggior parte al periodo bubalino e sono apparentati a quelli del celebre uadi Djerat. Le grandi lastre sono coperte da magnifiche incisioni di animali (buoi, giraffe, gazelle, rinoceronti, struzzi) di un naturalismo perfetto. La tecnica è accurata con uin tratto levigato e netto.

 

L'originalità di Tin Teghert risiede nella presenza di incisioni di buoi dalle dimensioni smisurate. Uno di essi raggiunge i 5,5 metri di lunghezza ed ha il corpo interamente ricoperto da disegni a spirale, il che ne fa un'opera unica. Il segno simbolico della spirale è uno dei più diffusi in tutte le culture. I dizionari dei simboli attribuiscono alla spirale un valore di fecondità acquatica e lunare. Una spiegazione possibile sarebbe di vedere in alcune spirali un segno delle corde utilizzate per la cattura di animali domestici o selvatici.

sahara22.jpgTre giraffe dal collo esteso, brucano le foglie di un albero. Altezza 80 centimetri.

 

Lo stile del periodo bubalino è facilmente identificabile. La principale caratteristica è la grande dimensione delle incisioni che raggiungono facilmente 1 o 2 metri, il primato spetta ad una giraffa di 8 metri di altezza nello uadi Djerat. Gli animali selvaggi costituiscono il tema favorito degli incisori: giraffe, bufali, rinoceronti, elefanti, struzzi, gazzelle.


sahara23.jpgIl sito di Tin Teghert sorprende per le rappresentazioni di gufi e civette. Si contano una quarantina di esemplari di questi uccelli notturni mentre sono quesi del tutto sconosciuti altrove a parte lo uadi Djerat. Queste incisioni di uccelli presentano un tratto puntinati che ricopre il tratto levigato delle incisioni più antiche  il che lascia pensare che esse appartengano ad uno stadio più recente e corrispondono ad un'evoluzione del periodo bubalino.

sahara24.jpgStruzzi a due teste. Gli animali doppi sono frequenti nell'arte rupestre. La maggior parte riguarda i bovidi ma gli struzzi non sono rari. 

 

I bovidi mostruosi a due teste possono essere accostati ad alcuni miti, soprattutto al mito fulano di Kumen.

 

sahara25Teste di giraffe. Ogni anno i Fulani rivivono alcuni episodi di questo mito nel corsoi di una cerimonia, il Lotori, che esige la presenza di una rappresentazione di un bue bicefalo.

 


sahara26.jpgGrande bufalo antico. Regione di 
Aramat. Il periodo al quale sono collegate queste incisioni porta il nome di bubalino per via delle numerose incisioni rappresentanti un bovino selvatico dall'aspetto temibile: il grande bufalo antico oggi scomparso.


sahara27.jpgQuesto bovide possiede delle corna spettacolari (un cranio scoperto durante gli scavi presenta corna del diametro di 3,60 m) che hanno dovuto sicuramente impressionare l'immaginario degli incisori. qui ont du certainement impressionner l'imaginaire des graveurs.

Chiamato un tempo Bubalus (da cui il nome del periodo) poi Pelorovis antiquus non potrebbe essere di fatto che un antenato del bufalo africano attuale, da cui una nuova denominazione proposta da alcuni autori: Syncerus caffer antiquus.

sahara28.jpgForse un bufalo antico come fanno pensare le corna. Sefar. Si è a lungo pensato che il bufalo antico fosse sparito molto presto il che ne faceva un fossile diretto del periodo più antico. Tuttavia delle scoperte recenti soprattutto in Libia nel settore degli Aramat di dipinti di bufali antichi nel caratteristico stile del periodo bovide finale (stile di Iheren-tahilahi) lasciano supporre che questo grande bufalo selvatico sia vissuto ben più tardi, certamente sino alla fine del neolitico, e che ha continuato ad essere cacciato dalle popolazioni dei periodi pastorali.

sahara29.jpgLe mammelle rigonfie di una vacca. Tin Teghert. Le incisioni di Tin Teghert (come quelle dello uadi Djerat e del Messak Libico) sono rapportati al periodo bubalino ed attribuiti secondo le teorie classiche  a delle popolazioni di cacciatori viventi molto prima della addomesticamento dei bovini (7.550 anni avanti il presente). Tuttavia si nota la presenza di un gran numero di incisioni di bovidi che sembrano incontestabilmente domestici e di cui lo stile non differisce in nulla dalla fauna selvatica.


Ciò fa pensare che queste opere non sono la produzione di cacciatori, ma di un gruppo culturale padroneggianti l'allevamento pur continuando a praticare la caccia. Ciò ha come conseguenza di far risalire queste incisioni a cira 6.500 dal presente.

 

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Personaggi da Tin Teghert. Si può supporre che due dei personaggi siano muniti di maschere che l'incisore avrebbe reso con una levigatura accentuata della roccia. Uno di questi personaggi possiede una coda poasticcia.


Le incisioni di stile bubalino di Tin Teghert e dello uadi Djerat nel Tassili sono da confrontare con quelli del Messak Libico e dell'atlante sahariano, il che può spiegarsi con l'appartenenza degli incisori ad una stessa grande famiglia. L'esame delle incisioni così come degli studi linguistici permettono di pensare che questi incisori appartenavano a delle popolazioni afroasiatiche e parlavano una proto-lingua da cui più tardi deriveranno numerose lingue tra cui il berbero. I linguisti hanno potuto ricostituire in questa proto-lingua, il cui nucleo originario è situato tra il Nilo nubiano e gli altopiani etiopi, dei termini relativi all'addomesticamento. Queste popolazioni inizieranno una migrazione verso ovest in direzione del Maghreb e del Sahara centrale attraversando il deserto occidentale d'Egitto e servendosi delle loro greggi come "cibo ambulante". Secondo J. L. Le Quellec "le antiche incisioni del Sahara settentrionale e centrale furono probabilmente realizzate da popolazioni afroasiatiche, famiglia linguistica la cui frammentazione è egualmente all'origine dell'Egiziano antico il che spiegherebbe 'l'aria famigliare' segnalata tra le due regioni".


Il periodo delle teste rotonde


 

Non negare, ciò che non si capisce


sahara31Foresta di pietra di Jabbaren
. Entrare nelel foreste di pietra di Sefar o di Jabbaren è come entrare in un tempio. I pittori non hanno scelto per caso questi luoghi strani per eseguirvi i loro affreschi. Le immagini più intensamente religiose si trovano nelle più belle foreste di pietra del Tassili, sulla parte più elevata dell'altipiano.


Per questi uomini, quest'universo rappresentava una terra sacra dove regnava lo spirito. È qui, nei santuari della Preistoria, che si svolgevano le loro cerimonie.


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Personaggio "testa rotonda" con arco. Tin Aboteka.

 

"Teste Rotonde perché gli esseri umani sono rappresentati spesso con una testa arrotondata in cui né i tratti del volto né i capelli sono rappresentati. Dei volti anonimi ma di una presenza intensa quasi avvincente. Si è ritenuto che queste "Teste Rotonde", per le loro caratteristiche anatomiche e culturali (scarnificazioni e pitture corporee) siano dei neri. Questi nomadi o semi-nomadi percorrevano questi vasti territori tassiliani, allo stesso tempo territori di caccia e di raccolta dei vegetali. Delle considerazioni archeologiche sul vasellame di stile a "linee ondulate" (wavy line), una specie di linea ondulante impressa sull'impasto, e di natura linguistica (delle parole designanti il vasellame e la raccolta dei cereali selvatici sono identificati nelle lingue sorte dal nilo-sahariano) lasciano pensare che delle popolazioni che parlavano una lingua di origine nilo-sahariano sarebbero, con il favore del ritorno delle piogge, mifrate da una zona sub-saharasiana situata verso il centro dell'attuale Sudan in direzione del massiccio dello Tassili n'Ajjer passando per l'Ennedi ed il Tibesti. Questa migrazione è stata facilitata dalla rete idrografica che permetteva una facile circolazione tra Khartum ed i massicci saharasiani seguendo sopratutto lo uadi Howar.

 


sahara33.jpgSfilata di moda? (Sefar).
 Si è pensato a lungo che lo stile delle "Teste Rotonde" erano limitate al massiccio degli Ajjer e dell'Akakus in Libie. Ma delle scoperte recenti di pitture di questa scuola nel massiccio dell'Ennedi apportano nuovi elementi a questa ipotesi. La tecnica di pittura appariva del tutto caratteristica: un largo tratto disegna il profilo molto sommariamente con l'essenziale dei contorni poi l'interno è riempito con una tinta piatta.

 

Questa tecnica presenta una tale unità che si riconosce subito un disegno delle Teste Rotonde. Il pigmento è spesso, molto verosimilmente applicato allo stato quasi pastoso. La sostanza colorante non era soltanto un materiale per l'artista che l'applicava sulla parete, ma rivestiva un senso spirituale.


sahara34.jpgDiversi stili e stadi si sono succeduti ma sino ad oggi nessuno studio ha potuto classificarli in un ordine assoluto, ma risalta durante tutto questo periodo un'unità culturale innegabile. I cambiamenti negli stili appaiono come delle evoluzioni del pensiero e della religione.

Quando le teste rotonde iniziano a dipingere, esse eseguono delle sagome sommarie, rigide e statiche. È a questo primo stadio che questi artisti dipingono delle composizioni monumentali che si distendono su tutta la superficie di un rifugio.

 

sahara35.jpgL'affresco del "Grande Dio" a Sefar, si estende su tutta la superficie di un riparo per 16 m di lunghezza e circa di circa 30 metri quadrati. La parete è rivolta verso una pianura in cui si svolgevano le cerimonie immortalate dagli affreschi. I principali attori della scena sono facilmente identificabili: al centro il "Grande Dio" che con i suoi 3 metri di altezza è particolarmente impressionante con una grande tasca tra le gambe rappresentante un pareo o una protezione fallica o anche un sesso smisurato e una testa munite di corna, un'antilope incinta rossa e una femmina in posizione orizzontale con un ventre prominente, delle antilopi bianche che sfilano da sinistra a destra.


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Un motifvo è apposto al corpo del "Grande Dio", 

 

 

 

 est apposé au corps du "Grand Dieu", une expression symbolique caractéristique des peintures de cette période, un motif ressemblant à une sorte de méduse, qui ne correspond à rien de connu et s'inscrit dans les grandes compositions comme un sceau.


sahara37.jpgCette fresque exprime de toute évidence l'idée de la fécondité et son mystère, la vie et la fertilité. Il y a sur cette paroi le récit d'un des plus anciens mythes du monde.

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Les personnages de cette fresque de Jabbaren ont des têtes parfaitement rondes délimitées à hauteur du cou par des lignes qui laissent supposer le port de masques. Ce type de représentation est assez fréquente par mis les peintures de la période. Ces représentations ont été rapprochées de plusieurs types de masques connus en Afrique dont le décor est dominé par un traitement non iconique des visages comme par exemple les masques des Bateke au Congo.

 

sahara39.jpgJabbaren. Boeuf à tête-masque Ces masques auraient pu être de deux types : Sphériques, faits d'une simple calebasse évidée et décorée dans le cas des têtes circulaires ; Non sphériques mais plats, réalisés en bois . Par leur taille et leur hiératisme, les "Grand Dieux" sont sans doute des divinités, les femmes qui dansent autour d'eux dans une position de danse "africaine", portent des maques décorés de signes symboliques sans doute en rapport avec les attributs de ces dieux qui ont affaire avec la fécondité.

 

sahara40.jpgLes danseurs masqués de Sefar.Un masque aussi naturel qu'une calebasse évidée émane du symbolisme, le but des rituels est, par le retour périodique aux temps primordiaux, d'abolir la distinction qui peut s'effectuer entre la divinité et le masque : pendant le rite, le masque est la divinité.


sahara41.jpgPersonnage mythique portant un masque à grandes oreilles. Les masques sont connus en plusieurs exemplaires, portés par des thériomorphes, des humains ou des animaux. Le masque fut un objet sacré chez les "Têtes Rondes", symbolisant le mythe qu'il raconte et les pouvoirs de celui qui le porte.

 

 

sahara42.jpgAutre "Grand Dieu" à Sefar, tenant un bâton dans sa main un sac attaché à l'autre poignet, associé à la même trilogie que le "Grand Dieu" à tête cornue : antilope, boeuf et orante. Cependant le dispositif de la composition diffère, le grand dieu n'est pas sexué et il est marqué d'une image symbolique en forme de croissant. L'isomorphisme entre le croissant lunaire et les cornes taurines a été remarqué en différents lieux et époques. L'ethno-anthropoloque L.V. THOMAS affirmait : "l'agriculteur assimile volontiers Terre-Femme-Lune et Fécondité tandis que le chasseur rapproche Ciel-Homme-Soleil et Puissance. Si cette "équation" s'avérait de valeur universelle elle pourrait laisser supposer que les auteurs des oeuvres préhistoriques des têtes rondes n'étaient pas fondamentalement des chasseurs, et que leur imaginaire favorisait plus la fécondité que la puissance.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 


 

 

[tr-13]

 

Cette autre fresque de Tin Tazarift dégage une impression d'irréalité. Il est possible que les artistes aient eu l'intention de dépeindre la vision hallucinée de la sortie de soi, du voyage vers un autre monde dans un état modifié de la conscience. Sur une paroi de Sefar se déroule une cérémonie mettant en scène une procession d'orantes, un personnage masqué à grandes oreilles et des symboles circulaires.


Les orantes avec un nombril proéminent, aux bras levés en geste d'adoration ou de révérence, jambes fléchies, aux fesses saillantes souvent cachées par le retombé e d'un pagne court, peuvent évoquer une danse de guérison telle qu'elle se pratiquait récemment encore chez les San du Kalahari. L'absorption de substances hallucinogènes provoquait des transes, jusqu'à la perte de connaissance. A leur réveil, des hommes racontaient qu'ils avaient communiqué avec les puissances de l'au-delà, que leur corps démesurément allongés avait volé ou nagé sous l'eau, qu'ils avaient vu des lumières, les lignes ondulées, qu'ils s'étaient transformés en antilope ou en lion. Des visions comparables semblent avoir été peintes sur des parois du Tassili N'Ajjer.

 

 

 

[tr-14]

Cette fresque paraît regrouper des éléments de la pratique chamanique, tambour, danse de possession.


[tr-15]

Ce grand personnage qui semble flotter évoque le voyage du chaman pendant la transe. Sa tête porte peut être un masque muni d'appendices. A l'un de ces bras est attachée une forme en croissant, le poignet de l'autre bras est élargi, comme entouré d'un bracelet. Des archers semblant aussi porter des masques encadrent les personnages volants.

 

[tr-16]


Comme le magicien africain, le chaman est un médiateur entre sa communauté et le monde des esprits. il est tout à la fois prêtre, guérisseur, voyant, sorcier, devin et psychologue. Ses pouvoirs, obtenus après une longue initiation, lui confère une puissance bénéfique ou redoutable. Par toutes sortes de technique, de rythmes et de mouvements, par le consommation de substances hallucinogènes ou psychotropes, le chaman pratique la transe ou l'extase comme moyen de voyager vers les mondes autres, de communiquer avec les esprits, de s'en faire des alliés et de revenir dans le monde réel, dans son groupe, pour soigner la maladie ou l'infortune. (F. Soleilhavoup). Cette approche "chamanique" ne fait pas l'unanimité, la seule chose sur laquelle s'accorde les spécialistes est le sentiment de malaise procuré par l'aspect étrange des compositions. Incompréhensible pour des esprits logiques, ces figurations mystérieuses ressemblent à certaines images réalisées par des malades mentaux et plus précisément par des sujets drogués aux hallucinogènes. (U Sansoni).


[tr-17]


L'abri de Timeshral situé dans le wadi Aramat en Libye est décoré avec des regroupements de points rouges qui sont uniques au Sahara. Il est possible que ces décorations aient été destinées à des pratiques animistes de nature chamanique. Les dessins utilisent les accidents naturels de la roche, fissures et creux permettent la communication avec le monde des esprits.

[tr-18]


La difficulté d'interpréter ces images réside dans la quasi impossibilité d'émettre des hypothèses quand à la fonction sociale et à l'état de la psyché des auteurs des fresques. On doit fonder ces conjectures sur le fait que la pensée chamanique, résiduelle de nos jours, serait l'un des universaux de l'esprit humain.


 

[tr-19]

Les petits personnages en position frontales constituent un autre groupe. Ils se distinguent par leur couleur rouge brique sombre. Ils ont toujours vus de face, jambes et bras écartés, avec une position qui rappelle celle des "Grands dieux". Leur tête est bien ronde. Ils sont parés d'ornements aux bras et aux jambes. Ils sont associés à des motifs géométriques au sens inconnu, sortes de guirlandes.


[tr-19]

La "Dame Noire" de Sefar. Elle fait partie des êtres masqués qui sont, au même titre que les "Grands Dieux", les figures les plus représentatives de la période "Têtes Rondes", relevant de la même atmosphère religieuse et d'une esthétique remarquable. La spiritualité inscrite dans l'esthétique de ces personnages fait penser soit à des humains ayant un rôle précis à jouer lors des cérémonies, soit à des héros de récits mythiques. Ce sont des hommes ou des femmes initiés aux codes qui permettent d'accéder à l'occulte. Les sociétés dites primitives qui, aujourd'hui, perpétuent de telles pratiques picturales : les Aborigènes d'Australie, les Saudawe de Tanzanie, les Boschiman du Kalahari vénèrent les images de leur art rupestre et leur attribuent des pouvoirs occultes. Chez les Aborigènes, les peintures sont régulièrement repeintes au cours de cérémonies et de rituels, c'est un art encore vivant et dynamique comme le fut celui des "Têtes Rondes".


Les "Grands Dieux" ou la "Dame Noire" ne doivent pas être appréhendés comme des images statiques et muettes, ils parlent et bougent, ce sont des dieux.

Sefar est un temple avec ses autels et un langage visuel dont les images mythiques ne peuvent être comprises que si on les contemple avec sensibilité. Les mythes et leurs images sont les premières tentatives de l'Homme pour comprendre l'univers. Par le mythe il trouve un exutoire aux mystères de la vie et de la mort, générateurs d'angoisse, et il gagne en sérénité. (Malika Hachid).

 

 



Qu'as tu fait de ta liberté ? ne sais tu pas que la maison, est le tombeau des vivants

(Proverbe Touareg)


 

Il y a 30 ans encore, on pensait que les grandes innovations technologiques (poterie, élevage, métallurgie) étaient toutes nées au Proche-Orient et avaient atteint l'Afrique subsaharienne par la vallée du Nil. La recherche archéologique a montré que ce n'était plus tout à fait vrai.

 

La découverte dans le massif de l'Air (site de Tagalagal dans les monts Bagzanes) d'un gisement archéologique daté au carbone 14 de 11 000 à 10 000 BP et contenant de nombreux tessons de céramique, des meules ainsi que des outils de pierre de toute nature prouve que la fabrication de la poterie utilitaire dans les massifs sahariens a précédé de plus de mille ans sa généralisation au Moyen-Orient. Il faut maintenant prendre en compte l'antériorité de l'élevage des bovins, autre innovation capitale du Néolithique.

Le temps est largement venue de renoncer à l'idée d'une Afrique éternellement "à la traîne" des inventions asiatiques et européennes. (Marianne Cornevin).


Un berger armé d'une lance et d'un bâton tente d'éloigner l'animal sauvage qui vient de tuer une vache de son troupeau. Wadi Aramat

 Vers le VII millénaire BP, peut être même avant, les sociétés vivant en Afrique, Sahara et Afrique de l'est, font l'acquisition de la domestication du boeuf, du mouton et de la chèvre. Alors partout dans le Sahara des populations de pasteurs, qui sont aussi des artistes accomplis, se répandent. Tous ces bovidiens partagent les mêmes grands traits de civilisation, cependant, préfigurant la mosaïque ethnique de l'Afrique, quelques groupes se distinguent et se trouvent aux origines de peuples actuels du Sahel.

 Au cours de l'humide néolithique l'humidité va se localiser et transformer le Sahara en une multitudes de climats régionaux, alternant des zones verdoyantes et des espaces plus sec. L'homme et l'animal vont partager les mêmes territoires ce qui va favoriser l'apprivoisement. Une des premières phase de la domestication est peut être l'utilisation de bovins comme "garde-manger ambulant" par des groupes de chasseurs circulants entre des points d'eau. Il est maintenant acquis que la domestication s'est faite à partir d'une souche sauvage d'aurochs (Bos Primigenius). La principale espèce clairement reconnaissable dans les troupeaux est le Bos primegenius domestique. On remarque aussi la race à cornes longues, fines et en lyre, dénommée Bos africanus mais qui n'est peut être qu'une variété de la précédente.

 Un autre type est le boeuf à cornes courtes et épaisses (Bos brachyceros) bien que certains auteurs n'y voit qu'une interprétation abusive des oeuvres. Dans un même troupeau les formes des cornes peuvent très variables : des bêtes acères (sans cornes) côtoient d'autres animaux avec des cornes en avant ou en lyre. On est frappé par la variété du cornages de ces boeufs mais ,de nos jours, les Peuls du Burkina n'ont pas moins de douze termes pour désigner les formes des cornes de leurs bêtes.

 

Dans les peintures et gravures quelques boeufs ont visiblement une sorte de bosse à l'arrière de la tête, un vrai zébu qui pourrait indiquer l'existence d'un foyer africain de celui ci. Les bovidés sont traités en teinte plate avec souvent une réserve centrale. La robe bicolore est un indice de la domestication


Les parois se desquament fréquemment. Ici la nouvelle surface a été réutilisée plus tard par un autre artiste.

 

On retrouve ces boeufs avec de grandes cornes en forme de lyre le plus souvent croisés avec des zébus originaires d'Asie dans les plaines sahélienne entre les mains de pasteurs, notamment des Peuls Bororo.

 La majorité des images montre des activités pastorales et présente la vie quotidienne des habitants qui ont vécu dans les massifs du Sahara il y a plus de 5 000 ans. Cependant il serait limitatif de ne voir que le côté documentaire et anecdotique de ces oeuvres. Il est évident que l'acte de représenter ces scènes témoigne du lien profond qui unit les hommes à leurs troupeaux, comme dans les sociétés pastorales d'aujourd'hui.




Fresque de Jabbaren. Un des hommes tient un bâton appuyé sur ses reins, une attitude familière des bergers

Un des thème les plus fréquent est la tribu en déplacement. Les boeufs transportent les femmes et les enfants, les ballots et les armatures de cases. Les archers sont devant, l'arc à la main prêts à défendre le groupe.


Deux bergers avec des arcs mènent leur troupeau. (Sefar).


Sur la fresque ci dessus les hommes sont presque tous représentés dans une position agressive, en position de course avec des arcs à la main. Les boeufs semblent porter des structures courbes effilée à l'avant et plus épaisses à l'arrière qui pourraient être des armatures de cases ou de tentes. Un des archers est dans un galop effréné. Des boeufs sont montés par des groupes de 3 personnages. La largeur totale de tableau est de plus de 2 m.

 La tradition du portage du matériel est encore vivante de nos jours chez les peuls. L'objet le plus courant est le piquet placé horizontalement entre les cornes avec la corde à veaux (que l'on distingue nettement entourée autour du piquet sur ce qui reste de cette figure effacée par l'érosion).

Les fresques soulignent souvent l'importance donnée au matériel du pastorat notamment avec la corde à veaux.

Chez les Peuls cette corde était tendue à l'étape entre des piquets, on y nouait plusieurs boucles, chacune servant à attacher un veau afin de le tenir éloigner de sa mère pendant la traite. Cette corde, appelée dangul, représente la "ligne de vie du troupeau" et les piquets qui la soutiennent portent les mêmes noms que les séquences qui divisent le mois lunaire.

 

Les cordes à veaux, qui interviennent lors de l'initiation des bergers, sont la propriété des femmes, chargées de tout ce qui concerne le laitage. Dans chaque parc était entreposée une grande calebasse destinée à recueillir le lait. Elle était placée sous l'autorité et la gestion de la première femme de la famille promue "gardienne du lait".


Détails d'une scène avec un mât et des calebasses suspendues. Wadi Aramat.


 Femmes bovidienne assises, portants de grands chapeaux et bavardant. (Sefar).


 Le petit bétail, chèvres et moutons, est aussi présent dans l'art rupestre. Au Sahara en général l'élevage de ce petit bétail semble se répandre réellement au V et VI millénaires. C'est dans le désert occidental d'Egypte que les dates de la domestication sont les plus hautes. Des sites au Maghreb datés du milieu du IX millénaire contenaient des ossements d'ovicaprinés sauvages à partir desquels la domestication aurait pu se faire.

L'existence d'une souche sauvage d'ovicaprinés reste donc une des grandes questions de la Préhistoire.


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Sahara néolithique

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26 aprile 2013 5 26 /04 /aprile /2013 07:00

Immagini che provano che il doppio amputato degli attentati a Boston era un attore

 

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Ecco le immagini sequenziali del modo in cui il veterano doppio amputato dà l'"illusione" di avere le gambe amputate durante l'esplosione avvenuta in occasione della maratona di Boston.

 

Tutte le persone che hanno partecipato a quest'avvenimento organizzato devono presentarsi e dire la verità - altrimenti dovrebbero essere arrestati e messi in prigione per tradimento - per complicità con il nemico "domestico"! Vogliate verificare e che tutti sappiano. Condividete!

 

È la sostanza che essi non vogliono farci conoscere. Condividete questa informazione (attenzione, alcune immagini sono orribili ad un primo approccio. Vi assicuro tuttavia che il sangue è assolutamente falso).

 

Ecco una fotografia dell'attore amputato:

 

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Se perdete le vostre due gambe a seguito di un'esplosione metà del vostro sangue se ne va in un minuto attraverso le arterie femorali, in due minuti siete morti. Il disanguamento a seguito di un traumatismo contundente (come le esplosioni da obici) perché la carne si lacera invece di essere tagliata, esponendo più tessuto arteriale e vascolare. Il corpo umano contiene dai 5 ai 6 litri. Se quanto è accaduto fosse reale, dovreste vedere del sangue ovunque, le persone ne sarebbero impregnate. Dovreste anche vedere ciò che è chiamato lo shock arterioso da ferita. Molto probabilmente, avrebbe vomitato dopo essere sbiancato per il trauma come un fantasma, poi strabuzzando gli occhi delirare o svenire. Per quanto riguarda il laccio emostatico non vi è compressione applicata. Non vi è laccio con un bastone intorno alla gamba. Potete osservare chiaramente una lacuna nel lavoro di avvolgimento inesistente sulla coscia sinistra. Le sue mani non presentano sangue. Non c'è sangue al suolo. Il coloro sulle mani e sulle labbra mostrano una buona circolazione. È un attore. Questa è una messa in scena.

 

 

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Qui sotto sulla sinistra vediamo l'uomo con un cappuccio sistemare le false protesi della gamba. La sua attenzione e le sue mani sono proprio lì. La donna funge da copertura per quanto sta accadendo.

 

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Qui sopra le strutture protesiche vengono posizionate. In mezzo a tutto questo caos alcuni secondi dopo l'esplosione l'uomo con il cappuccio si sistema gli occhiali da sole che è un segnale.

 

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Qui sopra l'uomo con il cappuccio e gli occhiali e la donna stabiliscono un segnale visivo, di segnale ricevuto.

 

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Dopo aver ricevuto il segnale di via la donna fa un gesto con la mano aperta verso due di loro che sono alla ricerca, segnalando le ferite messe in scena per le camere. L'amputato solleva la sua protesi da ferita sinistra in alto al di sopra della spalla della donna. Il sangue non è affatto presente. L'osso è asciutto, niente sangue sulla sua gamba al di sopra del ginocchio, niente sangue sulla donna, nessuna schizzo arterioso, niente.

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Qui sopra, la donna gira la testa a destra, ma mantiene ancora il segnale della mano destra aperta. L'uomo con il cappuccio si dà da fare nel far scorrere sull'asfalto del falso falso sangue da dietro la donna. L'amputato ha delle false ferite ora in aria. Non c'è tuttavia del sangue sulle sue gambe. La sua pelle al di sopra della ferita è pulita e asciutta.

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Il sangue e le protesi false sono al loro posto. L'amputato fa un segno con la mano aperta alla donna affinché riprenda con le camere. Il sangue è sempre assente malgrado l'amputazione delle due gambe. Le sue gambe sono asciutte, anche la donna lo è. Entrambi compiono lo stesso gesto con la mano. Sono degli attori. Questa è una messa in scena. È polvere negli occhi. Non c'era nessuna bomba caricata a chiodi. Nessuna bomba. Soltanto un inganno.


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Comparate ora tutto ciò con un'altra foto scattata alcuni secondi dopo. Collocarle una accanto all'altra è molto utile. L'uomo con il cappuccio e gli occhiali da sole, che è rimasto seduto e ad osservare attentamente ed è in buona salute, dopo aver affisso le protesi all'attore amputato, si presenta ora di schiena posto sotto osservazione da parte di due persone. Notate gli strappi sui suoi pantaloni che non hanno alcun segno di sangue o di ferite sulla pelle. La donna dai capelli rossi è tuttavia nell'identica posizione come un minuto prima. Nel frattempo l'attore dalla doppia amputazione è completamente ignorato da tutti quando è chiaramente il più bisognodo di attenzioni. Vi è una piccola quantità di sangue intorno a lui dove era presente la donna di colore, ora scomparsa. Cosa le è accaduto?

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La donna di colore che era seduta a terra, e che proteggeva l'uomo con il cappuccio e tolto le protesi all'attore amputato, che ha fatto dei segni con la mano, guardando a destra e a sinistra e che non aveva sangue su di sé né ferite evidenti, è ora ricoperta di sangue e legata su di una barella per problemi alla spina dorsale.

 

In uno scenario medico reale, l'amputato dovrebbe ricevere un soccorso medico immediato altrimenti morirebbe dissanguato. Il fatto che la donna attrice è portata via dalla scena tramite barella mentre il doppio amputato è lasciato sul posto non è una cosa reale. Egli sarebbe morto per la perdita del suo sangue, prima ancora che avessero avuto inizio le procedure di valutazione spinali necessarie per lo spostamento di un paziente. Senza contare che avrebbe perso più di cinque litri di sangue, sufficienti a coprire l'intera scena di una pozza molto spessa.

 

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In tutto ciò c'è sicuramente qualcosa di molto sinistro. Forse c'erano delle persone uccide o ferite - ma non vi erano evidentemente nessuna ambulanza, soltanto veicoli di tipo militare neri. Sembra dunque che il nostro "governo ombra" è stato di nuovo all'altezza!

 

 

 

 

 

[Traduzione di ArioLibert]

 

LINK:

Images qui prouvent que le double amputé était un acteur au attentats de Boston

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16 aprile 2013 2 16 /04 /aprile /2013 07:00

Con le nanotecnologie entreremo in una società di costrizione, totalitaria


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di Agnès Rousseaux

 

Lo sviluppo delle nanotecnologie condurrà ad una società di sorveglianza totale, in cui il comportamento di ogni essere umano sarà spiato e analizzato permanentemente? Stiamo andando verso una tirannia tecnologica, in cui l'uomo-macchina sarà prigioniero della società formicaio? Presentiamo delle riflessioni effettuate dal collettivo di Grenoble "Pièces et main d’œuvre", che fa parte dei più vecchi e dei più feroci oppositori alle nanotecnologie. Incontro con questi militanti, critici del "sistema tecnico", che hanno voluto rispondere, per scritto, alle nostre domande.


Basta!: Il governo ha lanciato dall'ottobre (2010), una discussione nazionale sulle nanotecnologie, pilotato dalla Commissione nazionale del dibattito pubblico. Perché qualificate questa iniziativa come "dibattito truffa" e di "campagna di accettazione"?

 


Pièces et main d’œuvre: La Commissione nazionale di discussione pubblica è stata delegata dal governo per una serie di pseudo-dibattiti sulle nanotecnologie, dieci anni dopo la decisione di investire massicciamente in questo settore, tre anni dopo l'inaugurazione di Minatec, il "primo polo europeo di micro e nano tecnologie" a Grenoble, proprio quando il "Piano di rilancio" e il "grande prestito" di Sarkozy fanno delle nanotecnologie la loro priorità. Non si tratta di permettere alla popolazione delle scelte politiche, ma di fargliele avvallare, a posteriori. I decisori temono ciò che essi chiamano la "sindrome OGM" - una rivolta d'opinione contro le nuove tecnologie - e usano delle procedure di accettazione approntate da dei sociologi secondo i quali "fare partecipare, è fare accettare".

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"Nanotecnologie = maxi-servitù" si può leggere sulle bandiere degli oppositori a questo dibattito pubblico. In cosa queste tecnologie sono secondo voi uno strumento di asservimento degli esseri umani?

Attraverso l'informatizzazione e la digitalizzazione totale del pianeta e delle nostre vite, le nanotecnologie ci fanno precipitare in un mondo interamente guidato dalla macchina, e ci trasformano in ingranaggi di questa macchina, allo stesso titolo delle merci, infrastrutture, l'ambiente, ecc. Immaginate una rete elettronica dalle maglie ultrasottili, composta da un gran numero di strumenti miniaturizzati (oggetti comunicanti disseminati ovunque, pulci a radiofrequenza, detettori di ogni genere, camere "intelligenti" a riconoscimento facciale o di rilevamento di comportamenti "atipici", lettori biometrici, GPS, oculometri per seguire lo sguardo, scanner corporali, ecc.), che raccolgono senza sosta miliardi di dati sui nostri comportamenti, le nostre abitudini, i nostri spostamenti, le nostre relazioni, le nostre idee.
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Oltre alla sorveglianza totale che una tale raccolta di dati personali implica, la servitù tecnologica risiede in questa connessione permanente a tutto e a tutti, e alla dipendenza verso il sistema tecnico e industriale per la minima attività, nei sino ad oggi realizzati in modo autonomo – dalla spesa domestica sino alla cura dei figli o delle persone più anziane.
Peggio ancora, queste immense quantità di informazioni alimentano le statistiche su vasta scala, che permettono di regolare il minimo aspetto delle nostre vite e dei nostri rapporti umani, di spianare i flussi, di sopprimere ogni ostacolo al funzionamento globale della società-formicaio. È la fine dell'imprevisto, dell'improvvisazione, delle frizioni che sono la vita. Il gruppo IBM, con il suo progetto di "pianeta intelligente", annuncia che i suoi sistemi permetteranno presto di anticipare i delitti, ad esempio.


"La società del controllo, l'abbiamo superata; la società della sorveglianza, ci sioamo già; la società repressiva, ci stiamo entrando" scrivevate [1]. Come vi contribuiscono le nanotecnologia?

 

I dispositivi descritti più sopra, di cui molti già operativi, costituiscono lo strumentario della società di sorveglianza. Parallelamente a questa gestione di massa delle popolazioni, le nanotecnologie permettono l'intervento preciso su ogni individuo. La convergenza tra le nanotecnologie, le biotecnologie, l'informatica, le scienze cognitive rendono possibile una fusione dell'organico e dell'inorganico, e la creazione di impianti elettronici per il corpo. A Clinatec, clinica sperimentale del cervello creata dal Commissariato per l'energia atomica e Minatec a Grenoble, ci promettono "delle nanotecnologie nel cervello". Le neurotecnologie progettano degli impianti neuronani destinati a ridurre gli effetti della malattia di Parkinson, ma anche di modificare il comportamento delle persone che presentano dei disordini ossessivi compulsivi, dei disordini dell'alimentazione (anoressia, bulimia) o delle depressioni.

 

Le nanotecnologie mettono a nostra disposizione dei mezzi per regolare i nostri umori (Finiti i suicidi sul luogo del lavoro), i nostri comportamenti, le nostre sensazioni. In breve, di intervenire nella nostra coscienza, più sottilmente dei metodi biochimici o delle tre ore e mezza di televisione quotidiana.

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Non pensate che le nanotecnologie possano aver un'utilita sociale, come le applicazioni mediche che permettono di individuare le cellule da curare, o i progetti di immagazzionamento di CO2 per lottare contro il riscaldamento climatico?


I ricercatori utilizzano la salute e l'ecologia per promuovere le nuoves tecnologie. Lottare contro il cancro, da un punto di vista razionale, esigerebbe di considerare le cause di un'epidemia che si accelera nelle società industriali: inquinamento dell'aria, dell'acque, dei suoli, aggiunta e miscelazione di prodotti tossici chimici, nucleari, elettromagnetici, ecc. Al contrario, i laboratori si precipitano sull'innovazione per riparare i danni delle precedenti innovazioni. Le nanotecnologie promettono allo stesso tempo di curare i tumori e di produrne di nuovi, attraverso la disseminazione delle nanoparticelle tossiche nell'ambiente. Così siamo sicuri di un nuovo ciclo di cancro vantaggioso per la crescita.

 

Ciò che vale per la salute vale per la crisi ecologica. L'investimento nelle "tecnologie verdi" o "ecotecnologie" - il nucleare, le biotecnologie e le nanotecnologie - non ha per oggetto si sopprimere le cause di crollo, ma ha come obiettivo di dare al sistema industriale e capitalista un nuovo slancio. Si tratta di continuare come prima.

 

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Vi opponete alla ricerca fondamentale nel campo delle nanoscienze, o soltanto alle implicazioni industriali delle nanotecnologie?


Dal progetto Manhattan (la bomba atomica americana) e l'avvento della Big Science, l'organizzazione della ricerca non permette più di distinguere tra "ricerca fondamentale" e "ricerca applicata". La differenza tra i due si misura in unità di tempo: alcuni anni separano oramai il "fondamentale" dalle applicazioni, e tutti sanno che i laboratori sono sottoposti alla legge del rendimento degli investimenti: nessun finanziamento (pubblici o privati) senza prospettive di sbocchi industriale.

 

Ciò che si chiamava alcuni anni fa il "trasferimento di tecnologia" (dal laboratorio verso l'industria) è oramai superato. Oramai viviamo sotto il regno della "innovazione", che, in linguaggio tecnocratico, designa l'associazione tra i ricercatori e le industrie sin dallo stadio della "ricerca & sviluppo", per giungere rapidamente a nuovi prodotti destinati ad alimentare il consumo e la crescita. Questo processo è al cuore dello sviluppo delle nanotecnologie. È illusorio distinguere "ricerca fondamentale" e applicazioni.


Perché secondo voi una tale intesa dei ricercatori e dei poteri pubblici per le nanotecnologie?


Un responsabile dell'Afnor, inoltre consigliere di Arkema, ha risposto durante lo pseudo dibattito della CNDP [Commissione nazionale del dibattito pubblico], a Lione il 14 gennaio del 2009: "Ma se non facciamo le nanotecnologie, non vi saranno più tecnologie!". Ecco come siamo messi secondo uno dei membri di questa tecno-casta che ci ha portato al disastro. 250 anni di espansione industriale hanno quasi esaurito i minerali fossili. Le nanotecnologie si presentano come la possibilità di fare sempre di più (merci, servizi), con sempre meno (materia e energia). Dal punto di vista dell'espansione industriale non vi è scelta: marcia o crepa. In seguito le rivalità tra nomenklatura economiche ed il mimetismo flagellano l'ebbrezza tecnocratica. I ricercatori hanno imparato velocemente ad aggiungere il suffisso "nano" ai loro progetti di ricerca per ricavare dei contratti, crediti e finanziamenti.

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Scrivete che attraverso l'industria, il "potere di trasformazione materiale si è trasformato in potere puro e semplice, economico, militare, politico, facente di ognuno di questi ambiti, un settore della tecnica; del loro insieme, il 'Sistema tecnico'" [2]. Come analizzate questa trasformazione?


Da un puro punto di vista tecnico, fermo restando tutto il resto, non esiste mai una sola migliore soluzione. La tecnica è per eccellenza il campo dell'efficacità e della razionalità separata. Ma a partire dal momento in cui in ogni settore d'attività prevale il criterio tecnico e i suoi valori associati, la politica, l'economia, la guerra si trasformano innanzitutto e quasi esclusivamente in tecniche della politica, dell'economia, della guerra, ecc. Essi vengono tutti ristrutturati e riunificati sotto l'angolo e il primato della tecnica di cui non diventano altro che delle parte interdipendenti, subordinate e integrate. L'industria moltiplica quantitativamente le forze del sistema tecnico, dandogli una potenza schiacciante di fronte all'individuo isolato e peggio ancora per il dissidente.

 

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Lo sviluppo delle nenotecnologie si inscrive nella linea di quelle utopie post-umane in cui la tecnica, le macchine ed i robot sostituirebbero o migliorerebbero l'Uomo? Cosa pensate dell'utopia di un "uomo aumentato", capace di superare i propri limiti?


Vi sono due scuole. I "transumanisti" ed i "postumanisti" disinibiti, sostenitori dell'eugenetica tecnologica, e poi gli umili servitori di una scienza noiosa e rozza, votate ad aumentare le cadenze del calcolo dei computer, a produrre dei tessuti "intelligenti", ecc. I primi fungono da termine negativo di paragone ai secondi che possono così porsi come "giusto mezzo" tra "tecnofili" e "tecnofobi". Ma il discorso "postumanista" conquista i ricercatori scientifici, tradendo così questa falsa simmetria. Come dice uno dei loro portavoce: "Dopotutto, cosa avete contro l'uomo aumentato?".

 

Vi sarebbero troppe obiezioni da sollevare, tra le quali ci limiteremo a queste ultime. Supponendo che siano dsiderabili, gli uomini non saranno più eguali di fronte a questo "aumento" di quanto non lo furono di fronte a qualunque altro vantaggio esistito. Al contrario di quanto immaginavano Tocqueville e Marx, la tecnologia accresce l'ineguaglianza delle condizioni tra le società, le classi e gli individui. Essa servirà anche alla produzione dell'uomo diminuito, vicino all'ilota meccanico e adattato alle nuove condizioni della vita sulla Terra, Ma la maggior parte crederà sempre di far parte dei vincitori, dell'umanità "aumentata" e guai ai vinti, l'umanità diminuita. La tecnologia è la continuazione della politica con altri mezzi, ed è dunque di politica che dobbiamo parlare prima di ogni fuga tecnologica in avanti.

 

 

 

Quale dovrebbe essere secondo voi l'atteggiamento dei poteri pubblici, dei ricercatori, degli industriali di fronte alle nanotecnologie?


Secondo gli "esperti", si deve paragonare l'ondata delle nanotecnologie ad uno tsunami. Non si può controllare né arginare uno tsunami. Scegliere le nanotecnologie, significa far pendere l'equilibrio in un mondo radicalmente diverso - il nanomondo - di cui sembra derisorio gestire marginalmente questo o quell'altra nocività. Se si rifiuta di dedicare la porpria intera vita alla macchina, di essere deprivati delle proprie facoltà, della propria autonomia, della propria libertà, a vantaggio del pilotaggio tecnologico globale, bisogna rifiutare le nanotecnologie.

 

Pensate che il vostro modo di azione, soprattutto l'agitazione attuale del dibattito pubblico, sia efficace?

 

 

Portiamo avanti una battaglia di idee. La nostra attività principale da quasi dieci anni è l'indagine critica: abbiamo pubblicato decine di testi e cinque libri (con le Éditions l’Echappée), partecipiamo a numerose riunioni pubbliche, e abbiamo lanciato la contestazione delle nanotecnologie sin dal 2003. Insieme ad altri, abbiamo organizzato la prima manifestazione al mondo contro le nanotecnologie, il 1° giugno del 2006, in occasione della inaugurazione di Minatec.

 

L'operazione di comunicazione del governo, attraverso gli pseudo-dibattiti della CNDP, è un tentativo per soffocare questa contestazione. Abbiamo fatto appello al boicottaggio e al sabotaggio di questa manipolazione che mira a far credere alla popolazione che ha da dire la sua nei piani statal-industriali. Grazie alla sua carovana pubblicitaria in 17 città di Francia, al suo bilancio di più di due milioni di euro, al lavoro di due agenzie di comunicazione reclutate per assisterla, la CNDP ha allargato la contestazione delle nanotecnologie ad una più ampia parte della popolazione, e a una critica più generale della tirannia tecnologica. Certo non l'ha fatto apposta, ma è quanto possiamo dire a suo favore.

 

 

Intervista effettuata da Agnès Rousseaux

 


Il sito di Pièces et main d’œuvre

Note

[1] Thèses pour le temps présent, prefazione di "Terreur & Possession », l'indagine di Pièces et Main d’œuvre sulla sorveglianza delle popolazioni nell'era tecnologica, Editions L’Echappée, Montreuil, 2008, 334 pagine, 14 euro.

 

[2] Secondo il termine impiegato da Jacques Ellul.

 

 

LINK:
Avec les nanotechnologies, nous entrons dans une société de contrainte, totalitaire

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21 marzo 2013 4 21 /03 /marzo /2013 07:00
Un'idea-programma di Derrida su Heidegger
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di Skildy

 


Nel 1987 Jacques Derrida dichiarava a Didier Eribon per il Nouvel Observateur:

 

"Perché credo alla necessità di esibire, se possibile senza limiti (sottolineato da noi) le adesioni profonde del testo heideggeriano (scritti e atti) alla possibilità e alla realtà di tutti i nazismi, (sottolineato da noi), perché credo che non si deve classificare la mostruosità abissale in schemi ben noti e soprattutto rassicuranti, trovo alcune manovre al contempo derisorie ed allarmanti. Esse sono datate ma le vediamo riapparire. Alcuni prendono pretesto della loro recente scoperta per gridare:

 

1)  "Leggere Heidegger è una vergogna!". 


2) "Traiamo la conclusione seguente - e la scala: tutto quel che riguarda l'inferno dei filosofi in Francia, si riferisce a Heidegger in un modo o nell'altro, addirittura quel che si chiama "decostruzione" è heideggerismo!".

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È notevole che dopo aver, per delle ragioni che possiamo sottoscrivere, criticato severamente l'opera di Victor Farias, Jacques Derrida abbia riconosciuto l'esistenza di "profonde adesioni del testo heideggeriano (scritti ed atti) alla possibilità ed alla realtà di tutti i nazismi". 


La frase è di una chiarezza notevole e traccia una via per l'obbligo di porre in luce queste adesioni. Notiamo che Derrida non parla qui di pensiero o di opera ma di testo heideggerianoper quel che comporta in scritti e atti. L'idea di una "introduzione del nazisno nella filosofia" non può essere considerata qui come estranea alla statazione derridiana. Il "decostruzionista" francese ammette che il testo heidegeriano "nasconde" la possibilità di tutti i nazismi. È vero che, temendo sia la globalizzazione per stupidità, malevolenza o per calcolo politico-filosofico, Derrida pone da parte la decostruzione della decostruzione (la Destruktion) heideggeriana.

 

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Ci sarebbe da fare ora una genealogia. Facciamo notare che tra le origini recenti della decostruzione (derridiana) non si deve soltanto contare quella di Heidegger. Quest'ultima procede in definitiva da una interpretazione-radicalizzazione (e da una politicizzazione) di quanto aveva delineato Husserl quando realizzò dei grandi testi alla luce della teoria fenomenologica dell'intenzionalità. La decostruzione derridiana deve tanta a Husserl quanto a Freud e Marx. L'ipotesi sarebbe tuttavia che, in Heidegger, l'idea filosofica di Destruktion  è stata come arruolata dalla rivoluzione conservatrice poi dal nazismo. 

 

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Per quanto penoso ciò sia da dire penso che Auschwitz si riflette in una di queste sfaccettature della Destruktion heideggeriana. Quest'ultima, presso Heridegger, è ben lungi da una decostruzione nel senso che Derrida ha dato a questa parola. Non è mai, per Derrida, una demolizione. A partire da queste dichiarazioni del 1987, esclusi lavori importanti a me sconosciuti, non so che una decostruzione abbia precisamente assunto sistematicamente il proposito di analizzare il sistema delle "aderenze profonde del testo heideggeriano" con il nazismo. Se questo è vero è quasi incredibile. Il libro di Faye, in questo senso, ha almeno avuto il merito di finire con il nominare ciò designa in maniera incompleta Derrida : Heidegger introduce il nazismo nella filosofia.


Se è questo il caso è inaccettabile pensare che ciò non dovrebbe avere nessuna conseguenza sul modo di recepire Heidegger.

 

E non parlo naturalmente di censura.



LINK:

Une idée-programme de Derrida sur Heidegger

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17 febbraio 2013 7 17 /02 /febbraio /2013 07:00

Le SS sono i cani del pastore dell'essere

 

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heidegger-fontana.jpgSecondo Silvio Vietta Heidegger si sarebbe dedicato ad una critica e ad un superamento del nazismo, orrore a cui egli stessi ha contribuito, alleandosi ad Hitler, nell'instaurarlo. Non voler rendersene conto, rionoscerlo e accettarlo equivarebbe a calunniare un grande pensatore che, preso nella tormenta, non si sarebbe accontentato di un pentimento ma avrebbe realmente aperto le vie ad un "superamento" del nazismo.

 

Heidegegr-todtnauberg.jpgMa cosa significa "superamento" del nazismo? Il nazismo è una cosa che si tratta di "superare"? Soprattutto se si riconosce allo stesso tempo che ha (quasi) perfettamente realizzato il suo programma di distruzione degli ebrei d'Europa? (In realtà sarebbe il nichilismo europeo che si tratterebbe di superare, il nazismo essendone stata la forma più estrema. Ciò cambia veramente la questione? Vedremo tra poco... Ma, ad ogni modo, cosa significa superare Auschwitz, con alcune frasi di circostanza, e mentre Auschwitz "ha fatto il suo lavoro"?.. Ecco a cosa la storia europea ci obbliga a pensare, e con essa ad uno chiamato Heidegger. È terribile).

 

heidegger-giovane.jpgC'è l'Heidegger che si può commentare saggiamente, per un esame, per una dissertazione, una tesi. Ad esempio: "La lettura heideggeriana di Parmenide". C'è l'Heidegger, e poiché lo si sospetta non senza motivo di aver introdotto il nazismo nella filosofia, che ci obbliga a riannodare i fili di una storia orribile e di una questione terrificante.

 

Sarebbe così semplice se, sullo sfondo di tutte le varianti del negazionismo, si voltasse infine la pagina, si "superasse", ad esempio commentando l'idea heideggeriana secondo la quale "l'uomo è il pastore dell'Essere".


heidegger--sentiero-.jpgCosa c'è di più bello, di più pensante, di più suggestivo, di più critico delle tare della modernità, dovessimo per apprezzarlo pienamente, porre tra parentesi il suo lato un po' kitsch? Il "dispositivo Heidegger" è più complesso, più perverso ma anche più minaccioso di questo.

 

Formalizzerei uno di questi aspetti con la semplice formula N + d.

 


Grab HeideggerN
vuol dire nazismo e d distanza. Essa significa che il "dispositivo H" tiene a distanza, ma in riserva, il nazismo in quanto tecnologia di terrore e di "purificazione" al servizio del popolo investito della missione di essere come all'avanguardia della stessa guardia dell'essere ("Ariani", tedeschi...).

 

Ciò che si deve accettare come costituente davvero un problema, quando si studia quest'aspetto inquietante di Heidegger, è che la relazione che ha trattenuti - che egli trattiene - con il nazismo deve renderci estremamente prudenti e circospetti.

 

Croce-al-merito.jpgIl progetto nazista è talmente radicale e terrificante che nel caso - che io credo verificato nel caso di Heidegger - in cui un filosofo lo integrerebbe nella sua concezione della politica non potrebbe farlo che a prezzo di un'efficace dissimulazione.

 

Così, il "superamento" di Vietta non è assolutamente una garanzia dell'antinazismo del "secondo Heidegger". "Superamento" potrebbe significare sfortunatamente anche "integrazione" del nazismo.

 

Ma, soprattutto, questo "superamento" potrebbe molto bene essere questa distanza d necessaria all'introduzione del nazismo nella filosofia e, soprattutto, all'efficienza di questa introduzione. La cosa più orribile è allora che i filosofi "introduttori" sono strumentalizzati (a loro insaputa o non!) per riprodurre questa distanza d  in quanto è essa stessa funzionale.

 

heidegger-hitler.jpgCiò che appare allora, in modo non meno terrificante, è che l'"Heidegger pensiero" - non criticato, non decostruito - non sarebbe né più né meno che una scuola di formazione alla burocrazia indispensabile ai crimini di massa: purificare, estirpare, aprire il mondo, ripilure, rendere abitabile, ecc.

 

Per dirlo in altro modo: il nazismo è tenuto a distanza, nel "dispositivo Heidegger" - e bisogna che lo sia secondo una "buona misura" - solo per costituire una specie di "mano di ferro" di riserva.

 

"Pastore dell'essere"... È bello, è bucolico, è tenero, è ecologico, è veramente post-moderno.

 

heidegger, di LevineMa i pastori hanno dei cani. Quando si tratta di pecore non è poi così grave. Trattandosi dell'"uomo" la delicatessa della formula nasconde a mio parere qualcosa di assolutamente terrificante.

 

Il nazismo di riserva, tenuto alla distanza d, è il branco di cani dei "pastori dell'essere". È la SS o equivalente.

 

heidegger martin-19790419 2E qui capovolgiamo perché il famoso "superamento" potrebbe significare in realtà "generalizzazione". Dopo Auschwitz, ad esempio, un'Europa "heideggerista" e capace di assumere il suo ruolo di pastore dell'Essere con branchi di sterminatori di nuove generazioni.

 

Sto delirando? Allora Auschwitz non è stata che un incubo e non c'è mai stata.

 

 

P. S. Siamo molto lungi, infatti, da una nota sulla lettura heideggeriana di Parmenide. Vergogna per Faye, e prima di lui a qualcun altro, per aver provocato una tale mole di calunnie deliranti!

 

SKILDY

 

[Traduzione di Ario Libert]


LINK:

Le SS sont les chiens du berger de l'être

 

 

Per smascherare l'ideologo neonazista Heidegger, i vari saggi della categoria:
Heidegger: smascheramenti

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27 dicembre 2012 4 27 /12 /dicembre /2012 07:00

Il nanomondo, è ora che si deve combatterlo

 

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Bayer, L’Oréal, Unilever, Nestlé, Arkema, IBM, ecc. Le multinazionali investono da molti anni nelle nanostecnologie, un mercato valutato a mille miliardi nel 2015. Agroalimentare, automobile, tessile, elettronica, cosmetici, edilizia, farmacia, armamenti, ecc.: numerosi settori vi sono coinvolti.
I governi finanziano queste ricerche, da cui si aspettano un accrescimento di potenza economica e militare. Nel 2009, Nicolas Sarkozy ha lanciato il piano Nano-Innov per la Francia: un investimento di 70 milioni di euro, che si aggiunge al finanziamento pubblico di laboratori e imprese (CEA, STMicroelectronics, ecc.). A Grenoble, il primo polo europeo di nanotecnologie Minatec, è stato inaugurato sotto la protezione poliziesca nel 2006.

Non siamo mai stati consultati sulle scelte tecnologiche, che devono, secondo i ricercatori e industriali, "rivoluzionare le nostre vite". Una trasformazione paragonabile, dal punto di vista della minaccia, al nucleare e agli OGM.

 

È dopo aver investito nelle nanotecnologie che lo Stato lancia, nell'autunno del 2009, una campagna di comunicazione, con delle riunioni pubbliche in 20 città organizzate dalla Commissione nazionale del dibattico pubblico (CNDP). Perché quest'operazione? Per farci accettare le nanotecnologie, ed evitare il nostro rifiuto dopo quello degli OGM. 

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Le nanotecnologie non sono soltanto una nuova scienza. Esse permettono di ibridizzare, per renderle più potenti, delle tecnologie già molto potenti: biotecnologie (manipolazioni genetiche), informatica (cambi di dati e calcolo), e neuroscienze (intervento sul cervello). Queste tecnologie dette convergenti pretendono di padroneggiare totalmente la materia, dagli atomi alle popolazioni.

 

A chi gioverà questo potere inaudito?

Quale autonomia, quale libertà ci resterà quando il brevetto degli atomi, dopo quello dei geni, avrà compiuto la privatizzazione del mondo? Quando la digitalizzazione e l'interconessione di ogni particella del pianeta - oggetto, pianta, animale, paesaggio, umano - ci porrà sotto sorveglianza elettronica permanente?

 

Quale dignità ci sarà lasciata quando, chippizzati, tracciati, schedati, saremo a nostra volta trasformati in oggetti?

 

Quale vita infine ci rimarrà in un mondo artificializzato, una tecno-natura otto comando, supposta sostituire l'ambiente saccheggiato dalle precedenti rivoluzioni industriali?

 

Nei laboratori si fabbrica in questo momento un nuovo mondo, il nanomondo. Industriali e ingegneri giocano ai dittatori con il nostro futuro in nome della competizione internazionale, e tentano di far passare lo tsunami delle nanotecnologie come una soluzione "ecologica" alla minaccia climatica. Non possiamo lasciarglielo fare.

 

nano-droneNanodrone.


Denunciamo la campagna di accettabilità della Commissione nazionale del dibattito pubblico!

 

Vi invitiamo a boicottare questi pseudo-dibattiti e a far sapere pubblicamente la vostra opposizione alla tirannia tecnologica.

 

Abbiamo posto on-line tutte le informazioni. Informatevi, fate circolare nei vostri gruppi e associazioni. Organizzate delle riunioni.

 

Troverete su questo sito:


- le risorse per scoprire il nanomondo e le nanotecnologie;

- delle informazioni e delle rivelazioni sulla campagna di accettabilità lanciate dal governo attraverso la Commissione nazionale di dibattito pubblico;

- l'attualità della contestazione delle necrotecnologie;

- un'agenda dei dibattiti e azioni contro la tirannia tecnologica;

- degli strumenti per organizzare i vostri avvenimenti.


Annunciate i vostri appuntamenti, condividete i vostri verbali, fate circolare le informazioni scrivendo a: contact@nanomonde.org

Chi siamo?

Da Grenoble, la "capitale" francese delle nanotecnologie, vediamo emergere queste ricerche da dieci anni. Non appartenendo a nessun gruppo - politico, sindacale, associativo - abbiamo creato nel 2002 "Pièces et Main d’œuvre", un sito Internet indipendente, e il primo in Europa a diffondere delle inchieste critiche sulle nanotecnologie. Alcune tra di loro sono edite nelle éditions L’Echappée.


Abbiamo partecipato a numerose azioni di contestazione: conferenze-diabattiti, occupazioni, manifestazioni, volantinaggio, ecc.


Oggi, mentre lo Stato fa delle nanotecnologie una priorità dei suoi investimenti, e tenta di rassicurare lìopinione attraverso una campagna di comunicazione (con la Commissione nazionale di dibattito pubblico), vi allertiamo, soprattutto attraverso questo nuovo sito, sul mondo che queste ipertecnologie fabbricano a nostra insaputa.

 

nanotechnologie.jpg

 


Pièces et Main d’œuvre

 

Presso Les Bas-Côtés - 59 rue Nicolas Chorier - 38000 Grenoble



Le nanomonde, c’est maintenant qu’il faut le combattre

 

 

 

 

[Traduzione di Ario Libert]

 

 

LINK pertinenti:

Nanotecnologie: tutti cavie della nano-abbuffata?

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  • : STORIA SOPPRESSA. Blog di storiografia e critica ideologica libertaria
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  • Amante e ricercatore della verità storica e sociale
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